martedì 2 dicembre 2014

PAESE CHE VAI, INVERNO CHE TROVI


Siamo ad inizio dicembre e comincia a fare freddino anche qui. Ricordo che quando, più di due anni fa, venni per la prima volta a Suzhou a cercare casa, il fatto che negli appartamenti non fosse previsto un sistema di riscaldamento mi aveva fatto illudere che avrei detto addio per sempre ai gelidi inverni del nord est italiano e avrei potuto godere finalmente di un clima mite: niente di più sbagliato! Sebbene le temperature invernali nello Jangsu non raggiungano mai picchi estremamente bassi, mantenendosi su una media di 5 C° in gennaio e febbraio, gli alti livelli di umidità rendono il freddo penetrante ed insopportabile. Ma perché in questa zona seppur fredda, nelle case non esiste il riscaldamento? Si dice che il fiume Yangtze sia stato deciso come confine tra la zona fredda e quella calda da un personaggio che qualche decina d'anni fa qui contava molto: di conseguenza tutti si sono adattati a questa “legge” e solo al nord del fiume gli abitanti sono così fortunati da avere stufe o caloriferi. Al sud ci si adatta. Con soluzioni alle volte molto fantasiose la cui genialità (o bizzarria) vorrei condividere con voi.

COPRI CONDIZIONATORE: Il condizionatore a pompa di calore è di solito l'unico impianto riscaldante presente nelle case. I cinesi (e do loro ragione...) non lo amano particolarmente, dicono che fa male alla salute (sia in inverno che in estate) e tendono a tenerlo spento (qualche volta anche per risparmiare...). Di conseguenza le loro case sono gelide. Ricordo che una delle mie insegnanti di mandarino, che veniva dall'Inner Mongolia e di freddo ne sapeva qualcosa, mi ha raccontato una battuta: da cosa si riconosce un cinese del nord da uno del sud? In inverno quello del nord, quando entra in casa, si toglie il cappotto. Esilarante? Forse no, ma piuttosto vero.
Magari a qualcuno può pure sembrare brutto esteticamente, allora perché non nasconderlo con un bel copri condizionatore?


Sinceramente, si tratta di una delle cose più orrende che abbia mai visto. Supera perfino i centrini sulle poltrone!

LE LAMPADE RISCALDANTI
Ovviamente in bagno non c'è il condizionatore. Come fare allora? Battere i denti sotto la doccia? Ma no: ecco a voi le lampade riscaldanti, aggeggio del quale all'inizio mi era oscura la funzione. Quando accese, emanano un vago odore di bruciato ed un calore tipo allevamento di pulcini (tanto che, se non stai attento, ti cucini la testa).


COPRI WC
Verso ottobre i supermercati cominciano a riempirsi di copri WC in peluche di ogni colore: e non lo usano solo gli anziani! Giuro che l'ho visto anche nel bagno della moderna casa di una mia amica a Shanghai: lei dice che è davvero “shufu” (parola che in cinese significa confortevole), ma suo marito, che è italiano, non lo vuole nemmeno vedere e in inverno usa l'altro bagno!


SCALDINI ELETTRICI
Di tutti i tipi, forme, modelli: per i piedi, per le mani, portatili da mettere in tasca. E borse dell'acqua calda di ogni forma e colore. In qualche maniera bisogna pur difendersi dal gelo, no?
Bisogna anche dire che molti cinesi lavorano in negozietti, bancarelle all'aperto o piccoli uffici senza riscaldamento: questi graziosi oggetti sono la loro salvezza.
TAPPETO RISCALDANTE
Questa è una chicca che abbiamo a casa nostra. Ammetto che questo ampio pezzo di linoleum di fronte al divano non è per niente estetico, ma ci ha reso l'umido inverno suzhouese davvero confortevole, permettendoci di accendere il condizionatore solo quando volevamo scaldare l'appartamento in fretta e tenerlo spento per il resto del tempo evitando aria calda in faccia, naso e bocca secchi, rumore, tonnellate di polvere.

E dalle vostre parti com'è l'inverno? Quali sono le soluzioni fantasiose per difendersi dal freddo?

mercoledì 26 novembre 2014

IL POTERE DEL MISUNDERSTANDING



“Please do you have time next week to come to your son class to do some art works with kids for Christmas?”
Questo era il tenore (errori compresi) della comunicazione che avevo sul diario di scuola del Torello la scorsa settimana. Fare qualche lavoretto coi bambini in classe? Ma certo! Così ieri pomeriggio sono andata a scuola per quella che credevo essere una mera collaborazione. I bimbi si sono seduti tutti in cerchio davanti alla sedia (vuota) della teacher e lei, candida, mi ha detto:
“Bene, puoi sederti e iniziare la lezione!”
“Coooosaaa?”
Io non avevo mica capito che quella che doveva tenere la lezione d'arte ero io: non avevo preparato nulla! Per fortuna la maestra del Torello è una giovane che non si perde d'animo e io sono una tipa creativa, il panico è durato solo trenta secondi e, in quattro e quattr'otto, abbiamo deciso di fare un collage. Lei mi ha procurato carta colorata, colla e forbici e io, con una sicurezza degna di Steve Jobs quando presentava un nuovo prodotto Apple, ho mostrato ai bambini come avremmo creato un alberello di Natale decorato. Mentre ritagliavo e improvvisavo la spiegazione a braccio, i piccoli accoglievano ogni cosa con un “wao!” entusiastico. Poi si sono seduti ai tavolini ed hanno iniziato il lavoretto: vedere il loro orgoglio mentre mi mostravano le creazioni era davvero emozionante.
È sempre commovente rendersi conto di quanto poco basti ai bimbi per essere felici: qualche paillette, un po' di colla, ritagli di carta multicolore. Tutti (a parte il Torello che, emozionato dall'avere la mamma in classe, mi tirava per giocare con me) hanno lavorato alacremente.
Può sembrare una cosa banale, ma se tre anni fa mi avessero detto che avrei dovuto improvvisare una lezione di arte (in inglese) per dei nanetti di quattro anni provenienti da otto nazioni diverse, alcuni dei quali si sarebbero rivolti a me in cinese, avrei pensato che erano pazzi.
Sì, tre anni fa me la sarei fatta sotto al solo pensiero. Non ridete: io nella mia vita precedente facevo la contabile ed avere buone capacità di public speaking non è una delle competenze richieste ad un bravo ragioniere. Tre anni fa avrei considerato il fatto di mettermi seduta su quella seggiolina davanti ai bambini (senza previa preparazione di un paio di settimane!) come una sfida galattica, l'avrei considerata non solo un passo fuori dalla zona di comfort, ma un balzo!
Questo è quello che mi ha donato l'espatrio: la capacità di andare oltre, di fare cose diverse e che mi spaventano, di acquisire ogni giorno di più sicurezza in me stessa. Che ti piaccia o no, l'espatrio ti cambia: dal momento stesso in cui metti piede su quell'aereo che ti porterà a vivere all'estero, sarai una persona diversa, senz'altro migliore.
In questi anni ho conosciuto persone che vivono male la loro esperienza estera, alcuni danno la colpa alla Cina, pensano che, magari, se fossero in Canada o in Brasile, le cose sarebbero diverse.
Io però sono convinta che il disagio parta da dentro: è qualcosa di non risolto che abbiamo nel nostro cuore e dobbiamo vedercela, prima di tutto, con noi stessi. Il modo per sfruttare al meglio l'esperienza di expat esiste, anche se il paese di accoglienza non ti piace. Non è un processo facile, ma può portare grandi soddisfazioni. Ed è diverso per ognuno di noi. Ma vale la pena provare.


venerdì 7 novembre 2014

AVANZI (CULTURA CINESE PER CASALINGHE 2)


Che cosa fa una ragazza cinese, sui trent'anni, piuttosto carina e con un lavoro che le dà soddisfazioni sia professionali che economiche? Probabilmente la zitella!
Qui le chiamano “sheng nu” ed è un termine terribile: ragazze avanzate, quelle che restano nel piatto e che nessuno vuole più. Ma com'è possibile, direte voi, che donne così interessanti non siano appetibili per l'uomo medio cinese? Ecco, forse la chiave sta nella parola “interessante”: queste ragazze hanno di solito un'istruzione elevata e un cervello che funziona (anche troppo?) e il fatto che il loro stipendio mensile possa essere più alto della media è un grosso scoglio: a parecchi uomini di questa parte del mondo non fa piacere che la moglie guadagni più di loro e, allo stesso tempo, la famiglia della fanciulla potrebbe avere richieste molto alte nei confronti del futuro genero.
Ma, il matrimonio non dovrebbe essere qualcosa legato al sentimento e all'amore? Anche no: spesso, nella Cina di oggi materialista e legata al denaro come non mai, anche il matrimonio diventa una specie di contratto, un accordo basato soprattutto sui beni materiali: il futuro marito deve garantire l'acquisto, come minimo, della macchina e della casa. Il fatto che in Cina ci siano meno donne che uomini (con un rapporto del 1.20!) rende questi poveri maschi schiavi delle aspettative delle donzelle (o delle suocere!), stritolati nell'ansia da prestazione che li costringerà a lavorare dodici ore al giorno, sette giorni su sette, per soddisfare le richieste della dolce metà e della famiglia di lei tutta.
Mentre ne discutevamo a lezione di cinese, con la mia insegnante e le compagne, mi è sorta spontanea una domanda: ma un uomo con uno stipendio modesto, facciamo conto un autista di autobus, come fa? È destinato a restare anche lui un “avanzo”? La risposta mi ha stupefatto: esistono delle “mappe” che indicano le zone della Cina dove si possono trovare spose in situazioni economiche non brillanti, che saranno ben felici di accasarsi con un ragazzo che fa un lavoro modesto. Esistono addirittura viaggi organizzati in paesi molto poveri (Vietnam ad esempio) dove le famiglie sono contente (???) di dare in sposa la figlioletta ad un cinese disposto a lasciar loro un “regalo” frusciante.
Una domanda sorge spontanea: ma chi glielo fa fare? Difatti leggevo che molti uomini scelgono il celibato! Anche se, per la cultura cinese, sposarsi e fare un figlio (possibilmente maschio) è ancora importantissimo. Tanto importante che molte “shengnu”, per evitare le pressioni della famiglia di origine che le vogliono vedere accasate a tutti i costi, ricorrono a stratagemmi che hanno dell'incredibile. Ma di questo vi parlerò la prossima volta!

lunedì 20 ottobre 2014

CINESIZZARSI



“Ti sei cinesizzato?” E' una domanda che ci facciamo per scherzo in casa o tra amici italiani, quando notiamo che la persona in questione ha assunto abitudini tipiche dei locali, atteggiamenti che non avremmo preso se fossimo rimasti a vivere in madrepatria.
Sono a volte piccole cose, che si iniziano a fare senza rendersene conto e che, nel momento in cui le realizzi, spesso ti fanno sorridere.
Io ad esempio ho iniziato a scendere dall'autobus all'ultimo momento o a entrare nel vagone della metro senza aspettare che ne siano usciti tutti.
Guardo sempre l'indice AQI (quello che mostra la qualità dell'aria e la concentrazione di PM 2.5) prima di arieggiare la casa. Penso sia una cosa che solo chi ha vissuto in Cina (o in un altro paese altrettanto inquinato) può pienamente capire...
Sono diventata curiosa come una gazza, o meglio, lo sono sempre stata ma ora non ho remore nel dimostrarlo, come il cinese medio, che non si fa problemi a ficcare un po' il naso quando attorno gli succede qualcosa: se per strada accade un avvenimento che attira la mia attenzione, semplicemente mi fermo lì a guardare (e spesso in prima fila!). E, se si tratta di fare fotografie a qualcosa di bizzarro o inconsueto, non mi preoccupo più che il diretto interessato se ne accorga.
Una cosa che invece non riuscirò mai a metabolizzare è il fatto di dover gettare la carta igienica sporca nel cestino e non nel WC (sì, qua in Cina si fa così. E spesso è un obbligo, altrimenti i gabinetti si intasano).
Il Papi Viaggiante invece (colui che in Italia non osava andare in giro nemmeno col borsellino sportivo) qui in Cina sfoggia una... borsetta! Da uomo, ovviamente. Ma di marca famosa (ovviamente fake!).

La fashion-borsetta del Papi

La Pupella ormai non può farsi fare una foto se non si mette in posa davanti alla macchina fotografica facendo il segno della vittoria.
E il Torello... ve lo dico? No, non ve lo dico! Ma sì, dai, ve lo dico: la prima cosa che ha imparato a fare (e che faccio una fatica tremenda, in questo contesto, a insegnargli che da noi non si fa) è schiarirsi la gola in modo plateale e liberarsi delle sue secrezioni interne. Tanta salute, per carità, ma  cercare di fargli capire che in Italia la pratica in questione è qualcosa che si fa in privato sarà la mia prossima sfida.


giovedì 9 ottobre 2014

QUALCHE GIORNO AD HONG KONG

 

Il primo di ottobre in Cina è festa grande, ci sono ben sette giorni di vacanza: quella che viene definita la “Golden Week”. Molti cinesi (e molti espatriati) approfittano di questo periodo per fare un viaggetto. E quest'anno abbiamo deciso di conformarci: con largo anticipo (così il biglietto costa meno, dicono) abbiamo organizzato una gita ad Hong Kong. Due mesi fa, non avremmo mai pensato che saremmo capitati proprio là dove si scrive la storia. Che, sarà anche figo, ma farlo con due bambini piccoli al seguito non ti fa sentire proprio a tuo agio. Mille dubbi il giorno prima della partenza. Poi, la genialata: beh, se ci teniamo alla larga dalle zone dove ci sono i manifestanti non potrà succedere nulla, no? Peccato che i manifestanti avessero bloccato praticamente tutte le vie del centro.
Il programma del primo giorno era: prendere il tram, farsi tutta la Honk Kong Island da est a ovest (circa mezz'oretta di tragitto) e visitare la zona vecchia di Sheung Wan. Il tram l'abbiamo preso, ma dopo appena dieci minuti di sferragliante corsa il nostro portentoso mezzo si è fermato dietro a un nastro giallo con su scritto “Police”. Ehm... ehm... okay, ci siamo finiti proprio in mezzo.
Devo dire che la situazione era pacifica e non c'era tantissima gente in giro, ma vedere le transenne e le strade bloccate al traffico ci ha fatto un certo effetto. Prudentemente, abbiamo deciso di tornare sui nostri passi e prendere la metropolitana.
Ad Hong Kong faceva davvero caldo, oltre trenta gradi con l'umidità del 70%, e nella metropolitana il freddo polare! Equipaggiati con bottigliette d'acqua, ci siamo avventurati nella calura della zona “cinese”: viuzze in salita, scalinate, palazzi che dimostrano tutti i loro anni accanto a grattacieli moderni. Bancarelle di (pseudo) antichità, tempietti agli angoli dei negozi. Vicoli dall'aspetto poco raccomandabile, panorami mozzafiato. E poi il Mid Level Elevator: una scala mobile lunga 800m che sale la collina tra le case. Inutile dire che Hong Kong mi ha subito stregata!
I piccoli tempietti agli angoli dei negozi, dove viene bruciato incenso

Chi dice che Hong Kong non è vera Cina, ha ragione: l'influenza britannica si sente tantissimo. Intanto guidano a sinistra! Poi tutti parlano inglese: con i tassisti, ad esempio, non c'è alcun problema di comunicazione (qualcosa che, per chi arriva dalla Mainland, sembra miracoloso!) e magari se si trova quello bendisposto ci si può fare anche una chiacchierata. Poi, pur essendo una città moderna, affollata e frettolosa, è ordinata e (oserei dire) perfino silenziosa. Qua nessuno spinge in metropolitana, anzi: nei corridoi della subway ci sono perfino le corsie per chi va e per chi viene.
E poi, c'è il mare! Un mare blu perfino nel Victoria Harbour, il canale che divide l'isola di Hong Kong dalla zona di Kowloon. E tanto, tanto verde: gli altissimi grattacieli si alternano a zone di foresta quasi selvaggia.

Tra i palazzi si intravede la montagna ricoperta di verde

Il primo ottobre, per evitare rogne, abbiamo deciso di andare a sud dell'isola, alla ricerca di una spiaggetta dove bagnare i piedi. In soli venti minuti di taxi abbiamo raggiunto Stanley, una piccola località di mare (dove si tiene un mercato molto carino). Abbiamo trovato una spiaggia non troppo distante (camminare a lungo sotto quella calura era proibitivo per i pargoli lamentosi) e, per la loro gioia, abbiamo fatto quello che dalle mie parti si chiama il “tocio”, ovvero un rapido bagno in mare. 

Spiaggia di Stanley

Nel pomeriggio ci aspettava l'Ocean Park, un parco divertimenti a tema marino che meriterebbe, da solo, una visita di due giorni.

Il parco visto dall'alto di una delle attrazioni

Il giorno dopo abbiamo percorso l'Avenue of Stars, dove i più famosi attori di Hong Kong hanno impresso i loro palmi, abbiamo preso il ferry, abbiamo visitato l'Hong Kong park (dove i bambini hanno trascorso un'oretta gioiosa a giocare con gli innumerevoli giochi). Pensate che nei parchi pubblici di questa città c'è il free wi-fi! Robe da non credere! Così, mentre i bambini giocano, le mamme annoiate possono chattare con le amiche o leggersi la posta...
Per ultimo, appuntamento “al buio” col Papi Viaggiante: noi siamo rimasti all'Hong Kong  park mentre lui è tornato all'albergo a prendere la valigia. Ci saremmo dovuti incontrare all'uscita E2 della stazione centrale (luogo che abbiamo deciso guardando la mappa, e che nessuno dei due aveva mai visto). Peccato che ci siamo capiti male e lui è andato a “Central”, ovvero la stazione della metropolitana: decisamente un altro posto! Avevamo appuntamento alle 17 e quando, alle 17.30, di lui non c'era ancora traccia, ammetto che stavo per mettermi a piangere. Il mio cervello ha cominciato ad analizzare, alla velocità della luce, tutte le possibili alternative: andare da soli all'aeroporto, sperando di incontrarlo lì (aveva lui passaporti e biglietti); cominciare a cercarlo a vuoto in tutta la stazione (che, per inciso, essendo collegata anche con una shopping mall è un vero labirinto!); cercare di chiamarlo (la SIM cinese, ad Hong Kong non funziona! Avrei dovuto cercare, alla velocità della luce, o una cabina, o un rivenditore di sim card hongkongniane). Alla fine il solito, paziente e buon angelo delle mamme che spesso mi assiste, ci ha messo lo zampino e, mentre mi muovevo per provare a cercarlo al banco di vendita del “Airport Express”, ovvero il treno che in soli trenta minuti ti porta all'aeroporto, me lo sono visto capitare di fronte. Meno male!
Raggiunto l'aeroporto, una fetta di pizza e una birrozza formato gigante era proprio quello di cui avevo bisogno!

La foto non rende l'idea di quanto enorme fosse questo bicchiere!

venerdì 26 settembre 2014

ADDIO SCUOLA


Il titolo è un po' drammatico... la scuola resta sempre la stessa, gli insegnanti e i compagni pure. Cambia solo la struttura, si trasferiranno a circa dieci minuti di macchina da dove sono ora: una scuola più grande, appena costruita, con la piscina, il trenino nel giardino, il teatro. Finite le vacanze di ottobre (qua in Cina il primo ottobre è la celebrazione della fondazione della PRC, festa grande e una settimana di vacanza) inizieranno a prendere lo scuolabus per andare nella nuova sede.
Ma io e i bimbi, pur contenti del cambio, sentiamo già la nostalgia di quella vecchia.
Mi mancherà il contatto giornaliero con l'asilo... portarli ogni mattina e riprenderli il pomeriggio, poter parlare di persona con gli insegnanti, incontrare le altre mamme.
Scambiare due parole con le segretarie, con il preside (che, lungi dall'essere un uomo serioso, sembra un grande bambinone!), salutare il portiere, le guardie, le infermiere che ogni mattina controllano mani e bocca dei bimbi per vedere che non abbiano qualche malattia infettiva.
Mi mancherà il casino di macchine fuori dal portone, che le guardie messe dal management del Bayside Garden, il compound dove si trova l'asilo, non riescono in nessuna maniera a gestire.
Mi mancherà il profumo di cibo proveniente dalle cucine al mattino presto, e il sorriso dell'ayi (la bambinaia) che la Pupella aveva avuto il primo anno e che continua ad abbracciarla ogni volta che la vede.
Mi mancherà la musica dei morning exercises, e potermi fermare qualche istante a guardare i miei bimbi  ballare e saltare coi loro compagni.
Mi mancherà andare a prenderli e guardarli giocare nel giardino, magari senza che mi vedano, per capire com'è che si comportano quando la mamma non è nei paraggi.
Mi mancheranno perfino quei muri di cemento un po' scrostati, il suo tipico aspetto di costruzione cinese che dopo pochi anni sembra già malandata.
Mi macherà l'atmosfera della scuola, che mi metteva il buonumore ogni volta che ci entravo, tanto da farmi desiderare di ritornare piccina e poterci andare anch'io!

venerdì 19 settembre 2014

CHINATOWN E LITTLE ITALY


Come cambiano le prospettive quando impari ad essere tu “lo straniero”, quando (sebbene tu sia un emigrato “di lusso” e nessuno dimostri apertamente di disprezzarti) la vecchietta che incontri ogni mattina in ascensore, se la vedi per strada fa finta di non riconoscerti e non risponde al tuo “Ni hao!” e tu ti chiedi se è un fatto culturale, di abitudine o chissà che altro. O quando, al parchetto, circondata da nonni cinesi, nessuno ti rivolge la parola (tanto pensano che tu, della loro lingua, non capisci un tubo).
Anni fa lavoravo in un ufficio. La zona degli uffici, nella mia città, è quella centrale. Quella che, una volta, era disseminata di negozietti, i cosiddetti “jeansinari”, che vendevano vestiti a poco prezzo agli (allora) jugoslavi, i quali passavano il confine a frotte e tornavano in patria coi borsoni di plastica pieni di merce a basso costo che dalle loro parti non si trovava.
Poi la zona dei jeansinari è diventata Chinatown: hanno cominciato ad apparire “come germogli di bambù dopo la pioggia” (per dirla all'orientale!) negozi di abbigliamento gestiti da cinesi.
Ricordo la faccia del mio capo quando si è accorto di essere circondato da negozi cinesi: davvero poco prestigioso per uno studio commercialista! E allora si è spostato di qualche isolato. La cosa buffa? Anche i negozi cinesi si sono allargati e, dopo pochi mesi, la situazione era identica a prima. Poi i cinesi hanno cominciato a fare affari con i suoi clienti, che vendevano gli ex negozi di jeans a peso d'oro. E allora sono diventati improvvisamente meno temibili.
Nella mia città, con un'ordinanza comunale, avevano proibito ai negozianti cinesi di appendere le lanterne rosse fuori dai negozi. Allora mi era sembrata una notizia poco rilevante ma, dopo il mio arrivo in Cina, mentre imparavo a conoscere questa società complessa e contraddittoria, mi sono chiesta spesso se quella regola avesse un senso o fosse solo un'angheria.
Dicevo allora: “I cinesi sono un gruppo chiuso: comprano nei loro negozi, stanno solo tra connazionali e parlano solo la loro lingua. Non si integrano col tessuto della città e sono una comunità a se' stante”
Poi sono arrivata in Cina, in una città dove gli stranieri sono molti. E, con grande stupore, ho visto che gli italiani stanno con gli italiani, gli spagnoli con gli spagnoli, gli americani con gli americani e così via. Ognuno frequenta con maggior assiduità gli appartenenti al proprio gruppo linguistico. E, dulcis in fundo, tutti invadono a frotte i negozi di prodotti importati per comprare salsa, pasta, cioccolato, tacchino dei paesi suoi. Nemmeno le verdure comprano al mercato.
E mi sono vergognata. Mi sono sentita stupida perché avevo giudicato senza sapere nulla, avevo sparato a zero senza cercare minimamente di comprendere o immedesimarmi.
“Eeh, i cinesi sono un gruppo chiuso!” mi dicono sempre quando torno in Italia e si discute di Cina. E io vorrei dire: perché, noi no? Amiamo talmente tanto il nostro Bel Paese che cerchiamo di ricreare una Piccola Italia in miniatura. Che, da un certo punto di vista, non è nemmeno sbagliato perché ti aiuta a conservare l'identità nazionale. Ma quando questo atteggiamento ti preclude l'occasione di conoscere gente che viene da altri posti, culture diverse, modi di fare dissimili, allora sì: è proprio un peccato! Non a tutti capita la fortuna di vivere un periodo all'estero (sì, ho detto fortuna, perché secondo me, per quanto possa essere difficile abituarsi alla nuova vita, è davvero un'occasione d'oro che, se sfruttata bene, fa crescere tutta la famiglia) e sprecare i momenti vissuti lontano macerandosi nella nostalgia o lamentandosi, alla lunga diventa una perdita di tempo. Ma, di expat felici e infelici, vi parlerò in uno dei prossimi post...

martedì 9 settembre 2014

MID AUTUMN FESTIVAL: LANTERNE, SOGNI E DESIDERI


Ieri, qui in Cina, è stata celebrata la festa di metà autunno, che ricorre il quindicesimo giorno dell'ottavo mese lunare e che è originata, come tutte le feste tradizionali cinesi, da una (o più di una?) leggende mitologiche del passato.
La scuola ha chiuso un giorno solo e i negozi sono rimasti aperti come sempre... la Cina non si ferma quasi mai lasciando gli expat italiani sempre un poco sorpresi: noi che si approfitta di ogni ponte per avere un giorno in più di ferie... qua invece lavorano anche di notte.
In questi giorni, è tradizione mangiare assieme ai familiari le Moon Cake, i tipici dolcetti, e osservare la luna piena.
Una delle tradizioni che più trovo suggestive è quella di accendere le “Sky lantern”, ovvero lanterne di carta con un piccolo quadratino infiammabile nella parte bassa. Quando la fiamma comincia a svilupparsi, pian piano la lanterna si gonfia d'aria calda e, al momento opportuno, viene lasciata volare nel cielo.
Mi piace pensare che ognuna di queste lanterne sia un desiderio che vola alto verso il firmamento e, sebbene conscia che tutti gli esseri umani nel loro profondo sono uguali, mi chiedo quali siano i desideri dei cinesi...
Poco tempo fa  è stata coniata una definizione nuova, il “Chinese Dream”. Anche se principalmente il sogno cinese riguarda i beni materiali, ovvero riuscire a garantire a tutta la popolazione una vita soddisfacente dal punto di vista economico, ammetto che il concetto mi ha affascinata.  È la parola “sogno” che secondo me è geniale, ti fa sentire di essere parte di un qualcosa di più grande. Beh... chi di noi non è stato affascinato dall'American Dream? Anche quello è partito come un sogno prettamente economico, per poi assumere nel nostro immaginario connotazioni di ogni tipo.
La Cina è una società materialista anche perché c'è ancora tanta povertà e il denaro viene visto come la meta finale per una vita felice. Quello che io mi auguro, per le nuove generazioni di cinesi, è che si rendano conto che c'è anche quel “qualcosa in più” che rende la vita degna, non solo il possedere una Maserati, una borsa di Prada o un grande appartamento nuovo. Quella scintilla che, come il fuoco nella lanterna, permette al tuo spirito di volare alto e vedere gli affanni della vita da una prospettiva diversa. Ma poi penso, ci siamo riusciti noi occidentali, in questo? Nonostante la nostra storia, la nostra libertà di pensiero, il nostro background culturale? Quanta gente infelice e insoddisfatta vedo ancora in giro?
Pensieri forse troppo pipposi, torniamo alle lanterne! Qui nel SIP di Suzhou, la gente usa ritrovarsi sulle rive del JinJi Lake, verso le nove e mezza di sera, per accenderle e farle volare nel cielo. La qual cosa, detta così, sembra facile: ma vi assicuro che riuscire a far decollare l'infernale arnese è tutt'altro che semplice! La sera della “vigilia”, siamo andati anche noi sul JinJi ed abbiamo assistito a scene epiche: voli in acqua per salvare una lanterna che si stava afflosciando, lanterne assassine che, invece di volare verso l'alto, si scagliavano minacciose contro la gente seduta ai bordi del lago, altre che prendevano miseramente fuoco accartocciandosi su se stesse, prima di riuscire a salire anche di solo mezzo metro. Complice un vento birichino che rendeva difficile anche l'accensione dello stoppino.


Ad ogni tentativo mancato, l'oooooh della folla. Ad ogni tentativo coronato dal successo, grida di giubilo e qualche applauso. Il nostro gruppetto di italiani (quando c'è casino da fare non ci tiriamo indietro) era in prima fila a fare il tifo. Quando è toccato a noi laowei accenderla, però, non è stato tutto rose e fiori e il nostro coraggioso amico ha scelto un angolino in disparte per difendersi, ha detto lui, dal vento inopportuno. Secondo me c'era troppo pubblico intorno!
Il giorno dopo, dalla finestra di casa nostra che si affaccia sul lago, tra gli alti palazzi illuminati ho visto tante altre lanterne volare nel cielo (e come riescono a salire in alto!). Le ho salutate ed ho augurato loro buona fortuna, mentre in lontananza esplodevano colorati fuochi artificiali.

martedì 26 agosto 2014

ROUTINE E CAMBIAMENTI


È bello ritornare alle cose di sempre. Le solite (più o meno) piccole cose che ti danno sicurezza e ti fanno sentire di essere tornato nella “tua” vita.
Sì perché ormai l'Italia per noi è il “posto della vacanza”, la nostra casa italiana è sempre comoda e confortevole e gli amici sempre calorosi, ma l'atteggiamento col quale viviamo là è diverso. Sappiamo che, dopo un certo periodo di tempo, torneremo altrove, a quella che è diventata la nostra vita “normale” fatta di scuola, di lavoro, di occupazioni giornaliere.
Per essere in Cina, mi aspettavo di trovare più cambiamenti dopo un mese e mezzo di assenza. Invece sembra quasi tutto uguale. Okay, a scuola qualche faccia non si vede più e alcuni maestri sono cambiati. Nel negozietto di prodotti importati sotto casa hanno tolto il banco dei salumi e cambiato la disposizione dei cibi. Il tizio che chiamavamo per le manutenzioni dell'appartamento si è licenziato ed è tornato nella sua “hometown”, lasciandoci nelle mani di un nuovo, sconosciuto manutentore. La mia amata compagna del corso di cinese, una dolcissima signora francese, ha deciso improvvisamente di non tornare a Suzhou a causa di problemi familiari.
Ma sono cambiamenti minimi rispetto a quelli a cui sono abituata in Cina.
Qua la vita gira a un ritmo vorticoso al quale, nella statica Italia, non siamo abituati: i palazzi vengono su nel giro di mesi (si lavora anche di notte), i negozi aprono e chiudono alla velocità della luce (e ho imparato una regola importante: se vedo qualcosa di carino in un qualsiasi negozietto, non devo mai pensare “Ci torno la prossima settimana”, potrebbe essere che la volta dopo quel negozio non esiste più!), le persone cambiano lavoro come cambiarsi un paio di scarpe e non si fanno problemi a trasferirsi in città diverse per cercare un futuro migliore. E gli expat vanno e vengono in continuazione.
Alle volte sembra di vivere camminando sul pack artico, senza punti fermi. Un buon esercizio di flessibilità mentale, senza dubbio!
Anche io ho deciso di cambiare un poco il blog. Se qualcuno di voi se lo ricorda, sotto il titolo c'era la scritta “Il cibo quotidiano parla al posto mio”. Ho deciso di toglierla. Quel collegamento al cibo mi vincolava, mi costringeva a trovare argomenti e foto ad esso correlati e, sebbene io abbia ancora tante cose da raccontarvi, mi cristallizzava inutilmente perché magari non trovavo il titolo o la foto giusti. All'inizio mi era sembrata un'idea simpatica e mi ha dato la spinta per scrivere settimanalmente, ha perfino condizionato la scelta del nome per il blog, ma ora (come scrivevo qualche post fa) mi sento pronta a crescere un poco.
Sono due anni già che vivo in Cina e che scrivo il blog. Quando ho iniziato forse non credevo che avrei scritto così a lungo. Sebbene a volte senza costanza e, certamente, senza una produzione giornaliera di post, ho mantenuto viva la mia voglia di scrivere di questa avventura. E ora sento davvero il bisogno di condividere con voi pensieri più profondi e argomenti più complessi rispetto alle storie familiari dell'inizio. Per carità, ci saranno anche quelle: Cucinanto manterrà il suo carattere senza pretese! Lungi da me prendermi troppo sul serio! Ma voglio iniziare la nuova stagione con entusiasmo e dando al mio “bloggino” una botta di vita che da troppo tempo gli manca.

domenica 3 agosto 2014

CHILI DI TROPPO OVVERO: LA PALESTRA IN CINA


 Uno dei terrori dell'italiano che rimpatria per le vacanze è quello di non riuscire a contenersi di fronte a mozzarelle di bufala, formaggi, salumi, pranzi domenicali dalla nonna e chi più ne ha più ne metta, e ritornare nel paese ospitante con alcune taglie in più.
Io, ad esempio, lo scorso dicembre non mi sono minimamente contenuta di fronte a zamponi e torroni e le vacanze di Natale in Italia mi hanno regalato parecchi chili in più che mi appesantivano il fisico e anche il cervello.
Non sono mai stata una sportiva in vita mia, ma urgeva una soluzione drastica: fare dieta e iscriversi in palestra!
Così, complice il tempo libero da “tàitài”, mi sono iscritta nel club sotto casa, grazie anche alle insistenze di un'amica che lo frequenta già da tempo e che ha promesso di aiutarmi nei primi passi.
Il primo giorno avevo appuntamento con la suddetta amica verso le undici. Mi ha detto “Se arrivi prima, inizia intanto a correre!” Come? Proprio io che non avevo mai visto un tapis roulant in vita mia?
E difatti lei è arrivata in ritardo. Dopo cinque minuti che bighellonavo, non potevo ormai più esimermi da cominciare il mio movimento fisico. E così sono salita su quella macchina sconosciuta. Panico. Che vogliono dire tutti 'sti bottoni? Ecco che mi si avvicina un istruttore: fisico (ovviamente) muscolosissimo, tatuaggi tribali sui bicipiti e capelli rasati sotto e col codino sopra. Insomma, un personaggio. Mi guarda con sguardo condiscendente e inizia a spiegarmi brevemente come funziona l'aggeggio infernale. Rossa in faccia, lo ringrazio e inizio a camminare.
Ora che sono mesi che frequento il centro, mi immagino come doveva essere il mio aspetto quando sono entrata nella sala macchine: come un condannato che si aspetta la pena capitale. Perché, sì, in questo periodo mi è capitato di vedere altre signore entrare a spalle gobbe e testa bassa, cercando di nascondersi con lo sfondo, interdette e sperdute di fronte alla tecnologia dei nastri.
Qualche piccola precisazione sulle palestre in Cina: non è come da noi, che nel prezzo dell'abbonamento l'istruttore ti dà un'occhiatina, ti prepara una scheda e ti mostra a grandi linee come funzionano le macchine e come devi posizionarti per fare bene gli esercizi. Qui, se vuoi l'istruttore, te lo paghi. Si chiama personal trainer. Probabilmente nella mia vita cambierò idea anche su questo, ma per ora non ho intenzione di farmi pesare e misurare (e sentirmi dire che devo perdere almeno dieci chili e che ci metterò secoli), farmi massacrare con esercizi sadici (li ho visti, eh, che robe fanno fare! Anche se dopo, per consolarti, ti fanno un massaggino su spalle e schiena!).
Sarà che erano vent'anni che non mettevo piede in palestra, ma mi sembra che i frequentatori del fitness club in Cina siano meno fighetti di quelli nostrani. In questi mesi ho messo l'occhio su vari personaggi interessanti:
LA BALLERINA mettiamo subito in chiaro una cosa: le asiatiche vanno in palestra per motivi diversi rispetto a quelli delle occidentali. Non hanno un filo di grasso, un grumetto di cellulite. Non hanno bisogno di sfiancarsi con ore di corsa e cross-trainer.
Lei è entrata, capelli al vento. Sottile come una canna di bambù. Si è messa a camminare sul tappeto, con una velocità da lumaca. Ogni tanto muoveva le braccia con sinuosi gesti. Io, mentre sudavo sui legs curl, la guardavo con un misto di stupore e ammirazione. La stessa cosa ha fatto sul cross-trainer, lenta e sinuosa, le braccia che svolazzavano in aria come quelle di una libellula. Non potevo fare a meno di fissarla e mi ha pure notata. Che figuraccia.
IL NONNO SPRINT età: over (parecchio over) 60. Prima cammina sul tappeto. Poi si fa tutte (ma dico tutte) le macchine della sala. Bassino, magro, ma con un fisico asciutto da far invidia ad un ventenne. Peccato la canotta con bordino leopardato... là mi ha perso punti!
LA TORELLA: lei non è asiatica, ma occidentale. Bionda. Non so di dove. Fisico piuttosto tozzo, sicuramente non snello. Ma muscolosissimo. È arrivata vestita di tutto punto e si è messa sul tappeto di fianco al mio. Mentre io trotterellavo la mia corsetta lenta, lei ha mandato la macchina in piena e sentire lo sbattere pesante dei suoi passi rapidissimi mi ha fatto venire il fiato corto. Poi ho visto che aveva appuntamento col suo personal trainer: sembrava Rocky in allenamento! Agressiva!
IL MILITARE: altro esempio degli over 60 cinesi in piena (mi dicono che è gente che, volente o nolente, ha fatto movimento tutta la vita, ecco perché hanno fisici così ben formati). Nella mia testa mi sono fatta l'idea che sia un militare in pensione... forse perché mentre cammina sul tappeto guarda alla TV soap di guerra (ah, le soap cinesi! Altro argomento da trattare sicuramente!), forse per il fisico massiccio e l'aria marziale. Nemmeno lui scherza con gli allenamenti. Peccato per la pancia prominente... rovina tutto l'effetto d'insieme.
In ogni caso, la palestra è stata utile. E non avrei mai pensato che, durante le mie vacanze italiane, sarebbe stata una delle cose che più mi sarebbero mancate della mia vita cinese!

mercoledì 16 luglio 2014

COMPORTAMENTI BIZZARRI


Che cosa fa un expat italiana che vive in Cina, quando torna in vacanza in patria?

A cena coi parenti, si rende conto che ha preso in mano il piatto e lo avvicina alla bocca, e arrossisce imbarazzata rimettendo il piatto sulla tavola...

Quando sente "Sono un italiano" di Toto Cutugno all'autoradio, invece di cambiare canale comincia a canticchiarla divertita...

Continua a stupirsi per il cielo azzurro, le nuvole, la moltitudine di stelle...

Resta ammutolita, in mistica contemplazione, di fronte al banco salumi del supermercato...

Al pomeriggio si fa un tè verde al posto del caffè... 


lunedì 7 luglio 2014

COLLABORAZIONI E PUBBLICITA'



I più attenti di voi, forse, si saranno accorti che nella slide di destra del blog compaiono nuovi banner: con questo post vi voglio spiegare perché e percome!
Iniziamo dalle collaborazioni: ho iniziato a scrivere articoli per il giornale online “Le nuove mamme”, un magazine che tratta svariatissimi argomenti, dall'attualità, alla moda, al mondo femminile in generale. Ho ereditato il testimone da un'altra signora expat di Suzhou, Daniela, e scriverò i miei articoli sulla vita di una mamma italiana in Cina. Ci sarà un pezzo a settimana quindi, chi ha voglia di leggere, troverà pane per i suoi denti.
Inoltre sono diventata collaboratrice del sito “Fashioncracy” e curerò una rubrica, sempre su Cina e oriente.
Passiamo ora alle pubblicità... perché ho deciso di inserirle nel mio blog? Ci ho meditato tanto e poi ho pensato che rendo un servizio utile: grazie ai libri di Leonardo di Paola e Viviana Taccione io ho imparato tanto, e allora perché non promuoverli? Se andate a fare una capatina sul loro sito potrete capire su quali argomenti investono il loro impegno.
Soprattutto l'e-book “Dimagrire pensando” è stata per me la molla, la spinta che mi ha permesso di capire la differenza tra fame nervosa e nutrizione (e chi mi conosce di persona sa che ho perso sei chili negli ultimi sei mesi...). Mi ha dato preziosi strumenti, che mi hanno permesso di utilizzare mente e pensieri per dirottare in modo naturale il mio corpo a nutrirsi al meglio, e ha dato il via ad una serie di cambiamenti importanti.
E poi, da quando vivo in Cina, l'argomento dell'alimentazione è ancora più scottante per me!
E poi ancora, dove se non su un blog che fa del cibo quotidiano il tramite per raccontare la mia vita cinese, ci può stare la promozione di un corso sull'alimentazione consapevole?
Se anche solo una persona troverà utili questi link e riuscirà a cambiare abitudini dannose per la propria salute, io sarò contenta!

lunedì 23 giugno 2014

PRANZI DI ADDIO E DI ARRIVEDERCI


Giugno... è un mese strano nella vita dell'espatriato. Tempo di fine scuola, tempo di partenze per le vacanze in terra natia. Per qualcuno non saranno vacanze, ma rientro definitivo. A settembre non li rivedrai più. Quindi saluti, baci, abbracci. Malinconia (di chi resta); dubbi (di chi torna).
Perché sì, a rimpatriare c'è sempre una certa dose di contentezza, ma anche tanti punti di domanda: mi troverò di nuovo bene? Riuscirò a rientrare nel mio vecchio ruolo di mamma/impiegata/insegnante/disoccupata italiana senza che mi stia stretto? Quanto mi mancheranno gli amici stranieri? Quanto mi mancheranno i discorsi che in Italia non ho mai fatto e che nella vita dell'espatriato sono la norma?
E chi resta si chiede come saranno la scuola o il parchetto o le mattinate di shopping senza quella determinata signora con la quale avevi legato tanto, come saranno le nuove straniere che, inevitabilmente, a settembre arrivano a frotte.
È un mese strano giugno. Prepari le valigie per il rientro in Italia. Compri regali per amici e parenti, novello babbo natale che arriva con il cappello di paglia a punta, i piedi scalzi e trainando un carretto.
Ti chiedi se c'è qualche cibo particolare che trovi qua in Cina, e che vorresti portarti a casa. E fai la lista di tutte le leccornie che comprerai in Italia (cerchi di portarti pochi vestiti perché dovrà esserci spazio per il formaggio, il caffè, lo speck e i biscottini della nonna).
Ti chiedi che giochi portarti per i figli, dato che quelli rimasti nella casa italiana vanno bene per bambini dai 6 ai 24 mesi, e i tuoi nel frattempo sono parecchio cresciuti.
Ti chiedi se un mese e mezzo di vacanza italiana vanificheranno sei mesi di duro lavoro in palestra. E, ugualmente, ti chiedi se un mese e mezzo di vacanza italiana vanificheranno un intero inverno di studio del mandarino, col rischio di tornare e di non ricordarsi nemmeno più le parole delle lezioni di “Basic Mandarin 1”.
Ma già pregusti le serate in giardino, in compagnia dei grilli, le zanzare, un bicchiere di vino e l'amica del cuore, con la quale potrai finalmente chiacchierare a voce e non tramite la tastiera di un PC.

venerdì 20 giugno 2014

LA RADIOLINA (IN CUCINA)


La radiolina... era un album di Manu Chao se non erro? Mi sembrano lontani anni luce gli anni in cui ascoltavo quella musica. Ora, nelle orecchie, solo pop cinese. È curioso: qui in Cina non mi viene naturale ascoltare le canzoni che ero abituata a sentire in Italia. Il rock mi sembra stonare in questo contesto, la musica italiana lontana anni luce. Come non sopporterei di ascoltare pop cinese a casa mia in Italia!
Ogni paese ha la sua colonna sonora. Nella mia testa le due cose non si mischiano.
Per il progetto “Aggredire la lingua cinese finché non sarà perfettamente metabolizzata” (e questo sembra davvero uno slogan, altro segno della metamorfosi in corso...) ho acquistato la radiolina della foto e l'ho piazzata in cucina. Così, quando preparo da mangiare, posso ascoltare un po' di musica ma, soprattutto, le chiacchiere degli speakers. Ho notato che sentire alla radio è molto più comprensibile per me che non vedere la TV (dove comprensibile significa che afferro 3-4 parole ogni 10, a malapena il minimo necessario per inquadrare il senso generale del discorso).
Forse perché gli speakers radiofonici usano un linguaggio comune e meno complicato? Può essere. La speranza è quella di incrementare la mia capacità di ascoltare e capire, non solo alla radio ma anche nella vita reale (e qui forse la cosa si complica, dato che ognuno parla con una cadenza e, spesso, con un dialetto diverso).
Non nego che avere quella radiolina in cucina mi fa tanto “vecchia nonna”, ricordo che davvero la mia nonna aveva un apparecchio simile sopra il frigo. E difatti qua in Cina è uso dei vecchietti andare in giro con queste radio portatili a tutto volume (di solito ascoltano musica tradizionale, fatta tutta di miagolii e strimpellii). I giovani, no: quelli sono appiccicati al loro smart phone e da là non li schiodi.
Se davvero arriverò a un buon livello di cinese non lo so, ma almeno la mia cucina non è più silenziosa e, da sola mentre butto la pasto, cuocio il riso o salto le verdure, non mi vergogno a canticchiare un motivetto.

(Questa canzone lo scorso anno si sentiva dappertutto. Impossibile non cominciare a canticchiarla...)

venerdì 23 maggio 2014

CULTURA CINESE PER CASALINGHE



Sono quasi due anni che vivo in Cina. Sono approdata qui con curiosità e con la voglia di imparare a conoscere questo paese del quale (lo ammetto) in effetti sapevo ben poco.
Appena arrivata, mi sono resa conto che comprendere (almeno un poco) la società cinese attuale poteva rivelarsi un'ardua impresa. Tradizioni, modernità, contraddizioni storiche... non sono argomenti dei quali parli con uno che incontri in ascensore (sempre che tu sia capace di comunicare, e qua sta uno dei punti estremamente critici).
Quello che mi ha aiutato più di tutto a cercare di trovare un bandolo della matassa sono state le mie lezioni di mandarino: nel corso di questi due anni ho avuto ben sei insegnanti diverse ed ognuna di loro mi ha permesso di aprire il calderone e gettare un'occhiata sulla vita reale dei cinesi nel 2014.
A lezione si affrontano argomenti anche seri e le insegnanti sono ragazze giovani, che vivono modernità e contraddizioni sulla loro pelle. Abbiamo parlato di famiglia, scuola, matrimonio, mondo del lavoro... e dai loro discorsi ho imparato molto di più che a leggere mille articoli sul web.
Sono argomenti che poco hanno a che vedere con il cibo... ma forse è arrivato il momento per questo blog di affrontare anche qualche discorso un po' più ad ampio respiro... magari vi siete pure annoiati di leggere delle nostre modeste avventure familiari, no?
Perché cultura per casalinghe? Perché non sono così arrogante da considerarmi una tuttologa!
Il lavoro serio lo hanno fatto Terzani, Rampini etc etc, io sono ben lungi dall'avere una visione a 360° dei fenomeni, di cause e conseguenze. Di alcune cose ho solo una percezione indistinta... mi sembra di scorgere un denominatore comune ma ancora non l'ho individuato: mi rendo conto che ci sono situazioni che si ripetono ma non ho ancora capito il perché.
Io vedo la realtà con gli occhi di una mamma che porta i bambini all'asilo, che cerca disperatamente di imparare il cinese per poter avere uno scambio reale con la gente che incontro fuori dalla mia porta, una donna che legge (raramente) i giornali e non ascolta mai il telegiornale (perché a casa mia, quando il televisore è acceso, si guardano solo cartoni!), che frequenta le altre mamme al parco (e vi potete immaginare i discorsi) e non ha colleghi di lavoro... quindi la mia visione sarà per forza frammentaria, a volte forse incompleta ed inesatta. E sicuramente filtrata dalle mie sensazioni.
Ecco, adesso se il mio fosse uno di quei blog con cinquanta commenti per post, quello che farei sarebbe indire un bel sondaggio: qual'è l'argomento che più vi interessa della Cina moderna?
La competitività della scuola e la pressione familiare sui ragazzini? Il matrimonio (obbligatorio prima dei trent'anni) e come i genitori cerchino in tutti i modi di farti conoscere un fidanzato/fidanzata alla loro prole? Le zitelle over 30? La vita dei nipotini coi nonni, spesso lontano dai genitori? L'obbligo morale di badare ai genitori anziani?
Ma siccome il mio non è uno di quei blog, deciderò da sola il prossimo argomento (a meno che tutti i lettori nascosti non si decidano a commentare, ahah!!)

giovedì 8 maggio 2014

MEDUSE E ALTRE AVVENTURE

 
In questi tre mesi di latitanza, lo confesso, non sono stata solo appiccicata al PC a scrivere... abbiamo fatto dei giri turistici, siamo stati in vacanza, ed altre cose di cui vi racconterò magari in seguito.
Una delle gite più belle fatte assieme ai bimbi è stata all'acquario di Shanghai. Se vi capita di venire da queste parti con la prole, non potete mancare la visita!
L'acquario di Shanghai è proprio in centro, a Pudong, a poche centinaia di metri dall'Oriental Pearl Tower (fermata della metropolitana: Lujiazui).
Oltre alle vasche coi pesci (divise in sale per area geografica), ci sono le grandi vasche con le meduse, che mi hanno affascinata non poco. Ecco una carrellata di immagini:



 
A proposito di meduse... come forse saprete la medusa qua in Cina si mangia! Devo dire che, all'inizio, non avrei mai e poi mai pensato di essere in grado di assaggiarla. E invece... mai dire mai! Durante un pranzo al ristorante giapponese, una mia amica mi ha consigliato di prenderla. E così l'ho mangiata. Viene servita fredda tipo insalata, assieme a delle verdurine. Ve la immaginate viscida? Sbagliato: è croccante e fresca, ricorda un po' la consistenza del cetriolino sott'aceto. Secondo i cinesi è un cibo che rinfresca e lava lo stomaco.

Nell'ultima parte del percorso dell'acquario c'è una lunga galleria che si attraversa stando su un tapis roulant: pesci, pesci e ancora pesci, variopinti, strani, luccicanti che vi nuotano attorno e sopra la testa. Bellissimo! Ci sono anche gli squali!

Finito il giro all'acquario abbiamo portato i bimbi sull'Oriental Pearl Tower, l'altissima torre televisiva che è diventata uno dei simboli di Shanghai.

I bambini si sono divertiti un sacco a distendersi sul pavimento trasparente e a guardare giù, a 260 metri d'altezza! Devo dire che camminare su un pavimento del genere è molto elettrizzante.
 
Spiderman è arrivato a Shanghai!

Brrrr...
Shanghai è sempre affascinante e ricca di occasioni interessanti... ma devo dire che dopo una giornata trascorsa lì, ritornare nella bella e tranquilla Suzhou è un balsamo per l'anima! Non avrei mai pensato, qualche anno fa, di dire una cosa simile a proposito di una città di cinque milioni di abitanti! Ma, dopotutto, Shanghai di abitanti ne ha più di venti milioni, capirete che in confronto Suzhou sembra una cittadina di provincia!

martedì 6 maggio 2014

ALLE VOLTE SPARISCONO (E RITORNANO)



Sì lo so... manco da un sacco. Qualcuno se n'è anche accorto...
No, non sono andata a chiudermi in un antico monastero sulle montagne, non sono scappata su una splendida isola tropicale, non mi sono nemmeno stufata di scrivere, anzi...
Il motivo principale per il quale ho trascurato così vergognosamente il mio blog è che ho voluto focalizzarmi su un'altra attività: la stesura del mio libro!
Ebbene sì, faccio coming out: ho scritto un libro. Di che parla? Ovviamente di donne, e di Cina. Ma per ora non svelo altro, lo farò al momento opportuno.
Posso dire di essere a buon punto, le mie duecento paginette (!!!) sono scritte e più o meno corrette, ora voglio dare fuori le bozze a una ristretta cerchia di editor (marito e amici...) e poi vedrò... vi terrò aggiornati comunque.

Adesso che (forse) avrò più tempo, conto di rimpolpare queste pagine virtuali che da troppo tempo languono... restate sintonizzati che si ricomincia!

(e grazie a chi mi ha scritto chiedendomi che fine avessi fatto!!!)

lunedì 3 febbraio 2014

CIOCCOLATA CALDA A LING LONG WAN

 
Durante le festività del capodanno cinese la Cina si svuota, si ferma, chiude. Io e i bimbi girovaghiamo in un compound semideserto (diciamo anche che l'improvviso freddo non invoglia ad uscire), palestra chiusa, piscina chiusa, parchetto indoor chiuso, molti negozi chiusi: abituati come siamo ad una Cina che lavora 12 ore al giorno, sabato e domenica compresi, la cosa ci disarma.
Entriamo nel bar del compound, stranamente aperto. Un solo cliente (occidentale) siede silenzioso ai tavolini, leggendo un libro. Io e i bimbi ci prendiamo una cioccolata calda, che coi 6 gradi che ci sono fuori non guasta.
Fa freddo, ma in compenso i livelli di inquinamento sono scesi drasticamente. Non si può avere tutto, dicono: domenica il tempo era bello ma siamo costretti a sorbirci la nostra buona dose di particolati.
Mentre nel piccolo Café suona una musica anche troppo rilassante, il Torello si mette a guardare lo schermo della TV e la Pupella, da vera intellettuale, si mette a leggere un libro (in cinese) di Barbie, io osservo le decorazioni natalizie: è curioso e divertente, qua in Cina (dato che non sanno che l'Epifania tutte le feste porta via) gli addobbi di Natale li tengono fino al Capodanno cinese, unendo abeti a lanterne, pacchetti ad hongbao, omini di neve a pesci rossi. Vedere un albero di Natale addobbato e le lucette a febbraio mi fa uno strano effetto, non riesco a decifrare se la cosa mi piace o no.
Questo Babbo Natale l'ho fotografato al piccolo centro commerciale sotto casa: uno splendido esempio di fusione tra oriente ed occidente!




Nastri rossi appesi agli alberelli nel giardino del compound






venerdì 31 gennaio 2014

PIZZA FINTA E FUOCHI ARTIFICIALI


Ieri sera si celebrava la fine dell'anno del Serpente e il trionfale ingresso nell'anno del Cavallo. In questo periodo gran parte dei cinesi tornano alle case natie (moltissimi di loro lavorano a chilometri di distanza da dove vive la loro famiglia di origine), i negozi chiudono per ferie, le città si svuotano (dove il termine "svuotarsi" va inteso alla cinese, ovvero non più una calca ma una leggera folla).
Io e i pupi eravamo soli: il Papi Viaggiante si trova difatti in Giappone. Trovarsi soli a Capodanno cinese è un po' come esserlo a Natale: malinconia e noia! Anche perché ci si ritrova in un compound insolitamente deserto e silenzioso: molti expat scelgono questo periodo per una breve vacanza al caldo. Dopo un giro nel playground, triste e vuoto come una piazza italiana a ferragosto, è iniziato il pacifico bombardamento di fuochi. Mani alle orecchie, siamo scappati su in casa.
Per gratificarci con una cena semplice ma sfiziosa, ho preparato le finte pizzette della foto: pane a cassetta con salsa, formaggio e prosciutto, scaldate in forno una decina di minuti. Non storcete il naso: a chi, come me, è capitato di cenare sola con due under-5, sa come sia frustrante preparare un pasto adatto ai loro gusti basilari e volubili. Spesso la cosa più semplice risulta la più gradita: soprattutto se, come nel caso in questione, viene accordato il permesso di mangiarla sul divano, davanti alla TV. Allora sì che è festa!
E così, mentre le famiglie cinesi festeggiavano attorno a tavolate multiportata, noi tre chiudevamo il pasto nientepopodimeno che con un budino confezionato!
intanto fuori i lanciatori di botti si stavano scaldando.
Lavati e pigiamati i bimbi, visto che era giorno di festa li ho lasciati stare alzati più a lungo. Una volta a letto, il Torello è partito in tre minuti. Ho accompagnato la Pupella che erano quasi le undici.
"Ma sì dai!" ho pensato "mi stendo un pochino anch'io qui al calduccio con lei. Poi mi sveglierò per guardare i fuochi, sperando che i botti non ci sveglino tutti."
Morale: ho aperto gli occhi nel cuore della notte, mentre giù in strada regnava un atipico silenzio.
Alla faccia del rumore: nessuno di noi si è accorto del bombardamento di mezzanotte!
Buon anno del Cavallo a tutti!

Decorazioni acquistate dalla Pupella durante un'attività scolastica. Ora abbiamo una vera porta cinese!!

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