giovedì 27 agosto 2015

E ADESSO MI TOCCA ANCHE IMPARARE IL COREANO?

Nella scuola dei miei figli vanno moltissimi ragazzini coreani. Lo sapevo già, ma quando, alla fermata dello scuolabus, ho visto che erano praticamente tutti di quella nazionalità (e che probabilmente le mamme si conoscevano già tutte tra di loro) ne ho avuto la certezza.
Ecco perché quindi, quando dalla scuola sono iniziate ad arrivare le comunicazioni delle varie riunioni per i genitori, ho iniziato a trovare con me stessa milioni di scuse per non andarci: “La scuola è lontana, mi va via tutta la mattinata, chissà se sono realmente importanti, ho mille cose da fare...”. Baggianate. La verità era che sapevo benissimo mi sarei trovata in minoranza, in mezzo a mamme di una stessa nazionalità e che parlano la stessa, incomprensibile (per me) lingua e che formano un gruppetto già cementato dalla conoscenza reciproca. Una nuova sfida, insomma. Un nuovo balzo fuori dalla mia rassicurante zona di comfort. Ormai mi conosco abbastanza bene e smaschero in fretta questi meccanismi di difesa, quindi mi sono presa una volta in più a calci nel didietro e ho deciso di andare ad una di queste benedette riunioni.
La scuola ha organizzato un pullman che si fermava in alcuni compound, partenza ore nove da sotto casa. Sono arrivata in anticipo ed ho visto un manipolo di signore che aspettavano “devono essere loro” ho pensato “che faccio, mi avvicino o no?” Una di loro mi ha sorriso e mi ha fatto un gesto e così sono andata. Qualche saluto, poi hanno ricominciato a conversare tra loro in coreano. È arrivato il bus, siamo salite e loro si sono sedute tutte insieme, immerse in una fitta conversazione. Io mi sono accomodata su uno dei sedili davanti, da sola.
“Ecco!” ho pensato “tutti questi anni a studiare il cinese e adesso mi ritrovo immersa in chiacchiere in una nuova lingua e non capisco una sola parola di quello che si dicono! Almeno se mi ritrovo in un gruppo di mamme cinesi che parlano tra loro il senso generale del discorso riesco a capirlo... sta a vedere che ora mi tocca iniziare a studiare il coreano?”
Alla fermata dopo è salito un nuovo gruppetto ed una signora si è seduta accanto a me, sorridendomi timidamente. Incredibile! Ho cercato di capire se i posti erano finiti o se la sua era stata una scelta deliberata, ho cercato di sbirciare lo schermo del telefono sul quale si è messa a chattare per vedere se scriveva in caratteri cinesi o in alfabeto coreano.
Quando ha finito di scrivere ed ha messo via il cellulare, mi sono girata verso di lei e le ho chiesto in inglese:
“Sei coreana?”
“No, sono cinese!”
Sospiro di sollievo! Un'altra “straniera” come me! Ci siamo messe a chiacchierare ed ho scoperto che si sono trasferiti da poco da Pechino, che suo marito è italiano e che, in Italia, vivono nel nostro stesso comune! Accipicchia se è piccolo il mondo!
A scuola ho potuto rendermi conto di quanto gli iscritti occidentali siano una minoranza: alla riunione ero io l'unica mamma non asiatica. È un trend in crescita, mi hanno detto, anche in altre scuole internazionali: evidentemente gli stranieri provenienti dai paesi dell'ovest a Suzhou sono sempre di meno?
In ogni caso, al rientro, ho avuto modo di scambiare qualche parola anche con altre mamme, di iniziare a conoscere qualche faccia. È stata un'esperienza positiva, indubbiamente, ed ora che ho rotto il ghiaccio non mi sento più così intimorita. Magari alla fermata del bus mi ci scappa anche qualche chiacchiera (non ancora in coreano!).
P.s. La parola nell'immagine vuol dire “buongiorno”

venerdì 7 agosto 2015

LINGUA MISTA



Portare due figli di (allora) venti mesi e nemmeno quattro anni in un paese straniero dove si parlano ben due altre lingue (cinese nella vita quotidiana e a scuola, inglese con gli altri expat e a scuola) ha i suoi risvolti divertenti.
Dopo tre anni i miei figli parlano un miscuglio di lingue che a volte è divertentissimo... io li capisco ma mi chiedo se i miei parenti italiani riuscirebbero a cavarci fuori un significato logico! Spesso nella frase mescolano parole in inglese e (qualche volta) in cinese e anche la struttura della frase è tradotta direttamente da queste due lingue.
Si va dalla più “banale”:

  • Mamma, oggi la teacher ci ha chiesto di fare un drawing e disegnare flowers e bee

A strutture più sofisticate come:

  • A cosa serve questo per? (traduzione diretta di “what is this for?”)
  • Mamma stavo guardando per te! (traduzione di “I was looking for you” - ti stavo cercando)
  • Cosa parlavi di? (“what were you talking about?”)
  • Il mio nome è... (“My name is...”, la forma italiana “Mi chiamo...” non la usano quasi mai)

Poi ci sono le chicche che solo chi ha studiato un po' di cinese può capire:

  • La mia pancia ha fame (“Wo duzi e le” - traduzione letterale del cinese. Significa ho fame!)
  • Tu sei il mio compagno di mamma (Ni shi wo tongxue de mama, sei la mamma del mio compagno)

Per fortuna ho notato che quando partiamo per l'Italia qualcosa nel loro cervello scatta e iniziano a parlare solo in italiano (già sull'aereo a dir la verità! E questo mi sconcerta!), come se sapessero che la loro multilingua sarebbe difficilmente compresa, che è un modo di comunicare adatto solo alla nostra vita di Suzhou.
Per il momento quindi non mi preoccupo troppo... il loro cervellino è davvero pieno zeppo di cose e non voglio mettermi a fare la pedante e correggerli continuamente, anche se cerco (cerco!) di parlargli solo in italiano, sebbene mi venga spesso spontaneo usare la stessa multilingua! E allora sì che ne escono delle belle!





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