venerdì 25 ottobre 2013

ZUPPA DI MISO E QUAGLIE ANOMALE



Alle volte trovo davvero elettrizzante l'esperienza di fare la spesa da questa parte del mondo: sono sempre stata attratta dalla cucina asiatica e poter curiosare tra scaffali ripieni di prodotti esotici e sconosciuti mi rende sempre immensamente soddisfatta.
Stavolta mi sono intrippata con la zuppa di miso (assaggiata qualche tempo fa al ristorante giapponese). Il miso è un condimento molto usato nella cucina giapponese, ma anche in quella coreana. Di conseguenza, mi sono fiondata al supermercato coreano che ho sotto casa, armata di traduzione in caratteri coreani della parola miso 된장. Gioia e delizia, ho trattenuto un tremito di fronte a questa scaffalatura:


Tutta felice, con la mia pasta di soia coreana, le mie alghe, il silken tofu e un cespo di funghi enoki, sono corsa a casa a preparare al Papi Viaggiante la zuppetta della foto. Come dite? Non vi ispira per niente? Ma guardate che è un concentrato di antiossidanti!
Non contenta, ho voluto preparare questo bento per la cena dei bimbi (sì, sapete che è la mia nuova mania). Mi servivano le uova di quaglia: no problem, nel mercato sotto casa c'è un intero banco che vende uova di tutti i tipi e dimensioni. Ecco, sarò esagerata o paranoica, ma comprare uova sfuse in Cina mi crea un certo brivido. Così, baldanzosa, ho scelto con decisione le uova confezionate (neanche fossero garanzia di chissà quale igiene).
Decido di lessarle per tempo (ovvero senza aspettare di arrivare a dieci minuti dall'orario della cena, come al solito) e direi per fortuna... apro la scatolina e scarto gli ovetti, curiosamente avvolti uno per uno in una carta oleosa, li lavo lottando contro il disagio che mi creano la consistenza e l'odore di quello che credo essere liquame corporeo delle povere quaglie (chiedendomi come mai li vendano così sporchi!). Poi, l'illuminazione: forse è meglio sgusciarne uno e verificare... e difatti!
Doveva capitare anche a me: ho comprato le uova cucinate nel the! Non so voi, ma io un uovo NERO (e con un vago odore di ammoniaca, per giunta) non lo mangio. E così son finiti tutti in spazzatura. 

 Per fortuna in dispensa avevo anche uova “normali” e la cena-bento è stata salva. Ecco il risultato:

sabato 12 ottobre 2013

DELLA MIA PRIMA VOLTA (COI BENTO) E DI UNA CENA PIUTTOSTO DISASTROSA



Gironzolando tra gli scaffali di un piccolo negozio molto famoso tra gli expat di Suzhou, paradiso per tutti quelli che amano fare torte, decorazioni e bakery, imbucato in un condominio piuttosto bruttino (e che se qualcuno non ti dice dov'è non lo scopriresti mai) ho trovato degli aggeggini molto divertenti per fare i bento. Per chi non sapesse cosa sono i bento, potete trovare descrizioni e foto qui, qui e qui. Siccome sono anni che sta cosa dei bento mi ronza nella testa (ma in Italia, almeno dalle mie parti, trovare tools per i bento è praticamente impossibile) stavolta non ho resistito e li ho messi nella borsa della spesa.
Stasera, rincasati dal parchetto (a un'ora parecchio tarda, invero), dopo il consueto e necessario bagno, ho piazzato i pupi davanti alla TV e ho tirato fuori trepidante i miei accessori da bento.
L'orsetto (che potete vedere anche nella foto) serve per fare le uova sode a forma di orsetto, appunto. Ma siccome le istruzioni sono solo in giapponese, in prima istanza ho sbagliato cuocendo l'uovo dentro. In realtà ci va messo un uovo appena lessato che, riposando qualche minuto lì dentro, prende la forma divertente. Il problema è che qua in Cina le uova sono davvero... piccole! E così il mio secondo tentativo è andato male lo stesso: l'uovo lessato era troppo piccolo e il coperchio dell'attrezzino non faceva abbastanza pressione.
L'altro simpatico aggeggio serve per fare i cumuletti di riso a forma di Hello Kitty. Io, che non avevo tempo di cucinare il riso, ho preparato del cuscus: pessima scelta. Ci vuole il riso, quello bello appiccicoso. Altrimenti al posto di Hello Kitty ti ritrovi un ammasso informe.
Così mi sono ritrovata a mangiare una delle peggiori cene dell'ultimo periodo: cuscus informe e senza sale, uovo lessato (orsetto a metà) e zucchine trifolate che non sapevano di niente. Non era serata. Il Torello si è mangiato solo il tuorlo (come dargli torto), la Pupella – che ha un periodo di adorazione per la mamma – mi ha perfino fatto i complimenti per il cibo e si è spazzolata il piatto (santa bimba!). Io, dopo la cena, sono andata disperatamente in dispensa a cercare – finalmente! - qualcosa di gustoso. E non ho trovato nulla. Chi mi può biasimare si mi sono consolata con una bella cucchiaiata di Nutella?

martedì 8 ottobre 2013

TIFONE E BISCOTTI


Il modo migliore per rischiare una crisi di nervi è mettersi a fare i biscotti con due bimbi di cinque e tre anni. Lo so, l'ho provato più volte. Eppure ci ricasco sempre. Ma che mai si può fare in un lungo pomeriggio piovoso? E non pioggia qualsiasi: imperversa nientepopodimeno che il tifone, e si chiama Fitow e qui trovate la sua descrizione.
Piove ininterrottamente da giorni, e per pioggia intendo quella vera, a secchiate! E soffia vento forte. Le gocce battono di traverso sulle finestre, si infilano nei scadenti serramenti e riempiono i davanzali d'acqua. L'umidità è al 90% e tutto in casa è bagnato e appiccicoso.
Senza contare che, nella stanza della lavanderia, dove passa la grondaia del palazzo, ho una splendida perdita d'acqua. Non da oggi, da un mese. Ogni volta che piove ricompare. Già segnalata. Non ancora riparata (in compenso in questi mesi mi hanno riparato numerosi altri danni dovuti a perdite dal tetto: forse è meglio non abitare all'ultimo piano in questi splendidi building cinesi?)
Comunque oggi, col tifone, con la pioggia, col vento, alle otto di sera si sono resi conto che forse questo diluvio avrebbe fatto ulteriori danni e mi sono ritrovata in casa una frotta di giovanotti del management office che zompettavano per casa facendo foto e lasciandomi i segni dei calzini bagnati a terra (perché, sì, qua in Asia si usa togliere le scarpe prima di entrare in casa, ma fuori pioveva talmente tanto che loro erano inzuppati fino alle ossa).
L'ultimo si è trattenuto giusto il tempo per fare una bella chiacchierata tra sordi: lui con due parole di inglese e io con tre di cinese (ma che, al solito, non capivo una cippa di quello che lui cercava di spiegarmi).
Alla fine riesce a smanettare col traduttore del telefonino e mi mostra:
“Our repairman will come later”
Later? Quando? Jintian? Mingtian? Chiedo. Lui mi risponde “Yes”. È tipico dei cinesi rispondere sì o no ad una domanda nella quale offri due scelte. Se ti chiedo oggi o domani, mi spieghi che cavolo vuol dire “sì”? Resto con l'idea che il repaiman deve arrivare più tardi, anche se mi chiedo: è da un mese che dovete sistemare il tetto, proprio in una notte buia e tempestosa con Fitow che la fa da padrone dovevate svegliarvi? E poi non so perché ma l'idea di un repairman che mi deve arrivare in casa alle nove della sera, mentre fuori ulula il vento e sono sola coi bimbi (ancora da lavare e pigiamare, per inciso) ha un che di inquietante.
Come volevasi dimostrare, mentre sto lavando il Torello bussano alla porta. Sono repairman anziano e repairman pù giovane (arrivano sempre in due, come i carabinieri). Repairman anziano entra in casa e va a vedere la perdita (puzza di fumo e così oltre ai segni dei calzini ora ho anche l'olezzo di sigaretta che ristagna nell'aria umida).
Vanno sul tetto con una cassettina degli attrezzi e a me vien da ridere (o da piangere). Col buio? Col vento? Con la pioggia? Mi prendete in giro?
Ma del fatto che in Cina non serve arrabbiarsi ho già parlato qui; non ero stata in grado allora di trovare un esempio: ecco, questo è uno dei tanti esempi.
Se ne vanno dicendomi qualcosa riguardo a “domani”. Boh! Verranno a riparare domani? Ormai non ci credo quasi più.
Prima di andare a letto, con orrore, scopro una nuova chiazza di umido in uno dei posti più improbabili della casa, vicino alla porta d'ingresso (parete che in teoria non confina con l'esterno).
Le vie delle perdite d'acqua sono infinite. Come la pazienza degli inquilini italiani.

venerdì 4 ottobre 2013

PERO' ERA BUONA



Non ridete. La torta per il quinto compleanno della Pupella doveva essere un zuccheroso castello delle fate, ma ricordava piuttosto un maniero scozzese diroccato.
Voglio giustificarmi dicendo che siamo rincasati da Shanghai alle tre del pomeriggio e che, quindi, di tempo per dedicarmi all'alta pasticceria ne avevo proprio poco. E ho infornato anche una pizza. Risultato scarsino, dunque. Ma fatto con tanto amore!
La mattina del nostro risveglio ce la siamo presa con tanta calma: colazione al bar, rifacimento delle “valigie” (avevo portato con me solo uno zainetto per essere leggeri) e scelta della destinazione.
Il primo ottobre è l'anniversario della fondazione della PRC, quindi tutta la Cina è in festa. I negozi sono quasi tutti aperti, ma scuole e uffici di solito chiudono per una settimana intera di ferie (la cosiddetta Golden Week).
Arrivati allo Yu Garden (una delle zone più famose e turistiche conosciuta come Old Shanghai) la scena che ci si è presentata davanti ha decisamente spento i nostri entusiasmi:


Quando tutti si lamentano che durante le feste le località turistiche sono invase, non è tanto per dire.
Optiamo per una strategica ritirata (avventurarci per quelle stradine con due bimbi piccoli per mano non ci pareva davvero una grande idea) e decidiamo di provare ad andare a visitare il tempio del Budda di Giada. Dopo innumerevoli cambi di metro, lotte per la scala mobile e un tempo passato sottoterra equivalente se non superiore a quello trascorso in superficie, riemergiamo in una zona tranquilla e poco affollata. Qualcosa non va... non ci ritroviamo sulla mappa. Difatti abbiamo sbagliato fermata: siamo scesi a Changshu Road invece di scendere a Chanshou Road.
Ci fermiamo in un piccolo supermercatino a comperare succo di frutta, crackers e caramelle (il nostro pranzo...) e decidiamo di andare direttamente alla stazione dei treni, dato che il tempo a nostra disposizione prima della partenza comincia ad essere scarso.
Saggia decisione: per riuscire a salire sul nostro treno, quello delle 14.30, dobbiamo fare una corsa e non riusciamo nemmeno a fermarci a mangiare un panino.
Quando arrivo a Suzhou mi sembra di essere in paradiso: non avrei mai creduto che una città di 5 milioni di abitanti, disseminata di palazzoni, potesse sembrarmi così pacifica e silenziosa. Ma dopo aver visitato Shanghai il primo di ottobre, tutto è possibile.

mercoledì 2 ottobre 2013

SHANGHAI SURPRISE




Ve lo ricordate quel film con Madonna? Probabilmente no, perché fu un flop. Eppure quando lo vidi io rimasi affascinata dall'atmosfera di Shanghai che sapeva evocare (anche se era ambientato negli anni trenta). Come mi affascinarono le foto di questa incredibile megalopoli che mio marito, ormai più di dieci anni fa, portò quando tornò a casa dal suo primo viaggio di lavoro in Cina. Chi l'avrebbe mai detto che, anni dopo, avrei vissuto a pochi chilometri dall'ombelico del mondo?
Shanghai conta 23.710.000 abitanti ed è vasta 6340 kmq, con una densità di popolazione di 3700 ab/kmq; tanto per fare un confronto il Friuli-Venezia Giulia (la mia regione) su una superficie di 7845 kmq, conta 1.221.860 abitanti (155 ab/kmq).
Shanghai è moderna in maniera sfacciata eppure, sebbene si sia rifatta il trucco, resta profondamente cinese. Dopo cinque minuti che eravamo usciti dalla metropolitana avevo già gli occhi pieni di incredibili immagini: una folla di signori e signore in età che, alle 9 del mattino, ballavano in strada nello spiazzo di fronte al Football Stadium, chi con le spade, chi coi tamburi tradizionali, in ogni caso tutti con la musica a palla. Oppure il parchetto nel quale i vecchietti portano a “passeggio” gli uccellini in gabbia (stupefacente sentire quel forte cinguettio che i rumori della città non riescono a sovrastare).
Shanghai è caotica, affollata e rumorosa: dopo il breve viaggio in treno e la tratta in metro per arrivare all'albergo io ero già stanca. Ed era appena l'inizio del nostro peregrinare! Prima tappa la banca, dove il Papi doveva svolgere delle commissioni di lavoro. Per somma fortuna di fronte alla filiale si trova un Costa Coffee dove ho potuto dare merenda ai bimbi (e bermi un cappuccino). Stavolta sono stata previdente e mi sono portata un aggeggio molto utile: il tablet! Sono così riuscita a far trascorrere i 45 minuti di attesa in modo abbastanza piacevole, evitando che il Torello distrugga il bar o si catapulti in strada.
Finalmente il Papi torna: manca una carta e bisogna andare nell'ufficio dell'agenzia che ci aiuta per il visto. Decidiamo che io mi fermerò coi bimbi in un parchetto là vicino (per fortuna la Cina pullula di questi piccoli luna-park per bambini) per non sobbarcarli di un altro, inutile giro in metrò e il Papi andrà da solo a recuperare il documento. Giusto il tempo di nascondermi dietro una siepe e cambiare da capo a piedi il Torello che mi ha deliziato con un abbondante produzione (il potty training, nonostante sia da mesi senza il pannolino, sa a mala pena cos'è) e il Papi è di ritorno.
Altra corsa in metropolitana: entriamo nel palazzo dell'ufficio visti che è mezzodì e abbiamo cinquanta persone davanti. Sono tutti in pausa pranzo e solo due sportelli sono operativi. Ottimo.
Dopo una lunga attesa per fortuna passata senza traumi (ancora una volta mi benedico per aver avuto l'idea di portare il tablet) è il nostro turno. La poliziotta che ci capita è una rompib**** di prima categoria: non le va bene niente e spulcia attentamente ogni carta. Verdetto:
  • manca un timbro su un documento
  • il visto te lo diamo solo per tre mesi
Coooosaaaa???
Accantoniamo per un momento la questione dei tre mesi e ci fiondiamo al recupero del timbro mancante. Per fortuna non è ora di punta e il tassista sceglie le scorciatoie migliori: a Shanghai gli spostamenti non sono veloci e noi abbiamo ancora poco tempo, dato che l'ufficio chiude alle 17.00.
Riesco a dire al tassista che ci aspetti mentre ci facciamo mettere sto benedetto timbro e torniamo svelti agli uffici. Troppo svelti, forse: il tassista, svoltando a destra, prende in pieno il marciapiedi e sventra la ruota posteriore. Si deve fermare a cambiarla. Non ci posso credere! Nella mia testa risuonano, facendo a pugni tra loro, il mantra di Louise Hay “nel mio mondo va tutto per il meglio” e la canzone di ManuChao “Clandestino”!
Per fortuna il nostro autista è veloce anche nel cambio pneumatico. Ricomincia la marcia ed io ho perfino lo spirito di fotografare un po' di palazzi, con lo sfondo di un cielo inusitatamente azzurro.

Alla fine ce la facciamo: arriviamo in tempo e allo sportello ci capita un uomo che, come tutti gli uomini del mondo, è molto più rilassato e di farci questioni non gliene può fregar di meno (difatti nemmeno ci menziona la faccenda dei tre mesi).
Ora possiamo tornare in albergo a riposarci!
Ormai è ora di punta, il nuovo tassista è meno sportivo dell'altro e sceglie una trafficatissima sopraelevata, per tornare all'albergo ci mettiamo quasi un'ora. I miei piedi, che oggi ho costretto nelle scarpe chiuse, chiedono pietà. Vorrei mettermi a urlare, piangere e sbuffare ma di fronte ai bimbi devo mantenere un contegno e così sopporto in silenzio la noia, il caldo, la fame crescente, la radio del tassista e le canzoncine della Pupella, intervallate da telefonate di lavoro del Papi. Sogno il momento nel quale accenderò la tivù sul canale dei cartoni (e i bimbi, automaticamente, si spegneranno lasciandomi libera di riposare una mezzoretta).
Ecco... i cartoni. Una volta in stanza comincio a smanettare coi telecomandi (in cinese) ma niente: non funziona. Dato che il Papi non c'è (è tornato in banca a finire le sue commissioni) mi vedo costretta a chiamare la reception per farmi aiutare. Morale: dobbiamo cambiare stanza perché in quella la televisione è guasta. No, giuro: uno scrittore sadico avrebbe avuto meno fantasia ad inventare sta sequela di piccole disavventure.
Per finire in bellezza, la pizza della cena (nella foto): solo all'estero si sognerebbero di mettere la senape sulla farcitura ai wurstel! E noi che abbiamo scelto la pizzeria “così i bimbi mangiano di sicuro senza fare storie”! Ovviamente non l'hanno nemmeno toccata.
Però l'epilogo della serata ci ha riscattato di tutte le fatiche: una passeggiata nella zona più famosa di Pudong, dove sorgono alcuni dei palazzi più spettacolari del mondo.
Che meraviglia! Shanghai non smette davvero di stupirmi.
 

Tutti come matti per fotografare il Torello




Uno stupefacente veliero solca le acque dello HuangPu


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