lunedì 23 giugno 2014

PRANZI DI ADDIO E DI ARRIVEDERCI


Giugno... è un mese strano nella vita dell'espatriato. Tempo di fine scuola, tempo di partenze per le vacanze in terra natia. Per qualcuno non saranno vacanze, ma rientro definitivo. A settembre non li rivedrai più. Quindi saluti, baci, abbracci. Malinconia (di chi resta); dubbi (di chi torna).
Perché sì, a rimpatriare c'è sempre una certa dose di contentezza, ma anche tanti punti di domanda: mi troverò di nuovo bene? Riuscirò a rientrare nel mio vecchio ruolo di mamma/impiegata/insegnante/disoccupata italiana senza che mi stia stretto? Quanto mi mancheranno gli amici stranieri? Quanto mi mancheranno i discorsi che in Italia non ho mai fatto e che nella vita dell'espatriato sono la norma?
E chi resta si chiede come saranno la scuola o il parchetto o le mattinate di shopping senza quella determinata signora con la quale avevi legato tanto, come saranno le nuove straniere che, inevitabilmente, a settembre arrivano a frotte.
È un mese strano giugno. Prepari le valigie per il rientro in Italia. Compri regali per amici e parenti, novello babbo natale che arriva con il cappello di paglia a punta, i piedi scalzi e trainando un carretto.
Ti chiedi se c'è qualche cibo particolare che trovi qua in Cina, e che vorresti portarti a casa. E fai la lista di tutte le leccornie che comprerai in Italia (cerchi di portarti pochi vestiti perché dovrà esserci spazio per il formaggio, il caffè, lo speck e i biscottini della nonna).
Ti chiedi che giochi portarti per i figli, dato che quelli rimasti nella casa italiana vanno bene per bambini dai 6 ai 24 mesi, e i tuoi nel frattempo sono parecchio cresciuti.
Ti chiedi se un mese e mezzo di vacanza italiana vanificheranno sei mesi di duro lavoro in palestra. E, ugualmente, ti chiedi se un mese e mezzo di vacanza italiana vanificheranno un intero inverno di studio del mandarino, col rischio di tornare e di non ricordarsi nemmeno più le parole delle lezioni di “Basic Mandarin 1”.
Ma già pregusti le serate in giardino, in compagnia dei grilli, le zanzare, un bicchiere di vino e l'amica del cuore, con la quale potrai finalmente chiacchierare a voce e non tramite la tastiera di un PC.

venerdì 20 giugno 2014

LA RADIOLINA (IN CUCINA)


La radiolina... era un album di Manu Chao se non erro? Mi sembrano lontani anni luce gli anni in cui ascoltavo quella musica. Ora, nelle orecchie, solo pop cinese. È curioso: qui in Cina non mi viene naturale ascoltare le canzoni che ero abituata a sentire in Italia. Il rock mi sembra stonare in questo contesto, la musica italiana lontana anni luce. Come non sopporterei di ascoltare pop cinese a casa mia in Italia!
Ogni paese ha la sua colonna sonora. Nella mia testa le due cose non si mischiano.
Per il progetto “Aggredire la lingua cinese finché non sarà perfettamente metabolizzata” (e questo sembra davvero uno slogan, altro segno della metamorfosi in corso...) ho acquistato la radiolina della foto e l'ho piazzata in cucina. Così, quando preparo da mangiare, posso ascoltare un po' di musica ma, soprattutto, le chiacchiere degli speakers. Ho notato che sentire alla radio è molto più comprensibile per me che non vedere la TV (dove comprensibile significa che afferro 3-4 parole ogni 10, a malapena il minimo necessario per inquadrare il senso generale del discorso).
Forse perché gli speakers radiofonici usano un linguaggio comune e meno complicato? Può essere. La speranza è quella di incrementare la mia capacità di ascoltare e capire, non solo alla radio ma anche nella vita reale (e qui forse la cosa si complica, dato che ognuno parla con una cadenza e, spesso, con un dialetto diverso).
Non nego che avere quella radiolina in cucina mi fa tanto “vecchia nonna”, ricordo che davvero la mia nonna aveva un apparecchio simile sopra il frigo. E difatti qua in Cina è uso dei vecchietti andare in giro con queste radio portatili a tutto volume (di solito ascoltano musica tradizionale, fatta tutta di miagolii e strimpellii). I giovani, no: quelli sono appiccicati al loro smart phone e da là non li schiodi.
Se davvero arriverò a un buon livello di cinese non lo so, ma almeno la mia cucina non è più silenziosa e, da sola mentre butto la pasto, cuocio il riso o salto le verdure, non mi vergogno a canticchiare un motivetto.

(Questa canzone lo scorso anno si sentiva dappertutto. Impossibile non cominciare a canticchiarla...)

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