lunedì 13 aprile 2015

UNA DOMENICA NELLE PIANTAGIONI DEL TE'

Questo week end abbiamo avuto l'occasione di partecipare ad un'attività nuova per noi: la raccolta delle foglie di tè verde nelle colline sul lago Tai.
La gita è stata organizzata dalla scuola di cinese frequentata dal Papi Viaggiante: iscrivendosi e pagando una quota a persona si aveva diritto al viaggio sul pullmino affittato, alla raccolta del tè nelle piantagioni ed al pranzo. Non ci abbiamo pensato due volte: non credo si facile per gli stranieri riuscire ad organizzare da soli simili attività ed il supporto della scuola è stato davvero prezioso.
Siamo partiti dal SIP di buon'ora e dopo tre quarti d'ora di superstrada il paesaggio ha iniziato a cambiare, i complessi di grattacieli si sono fatti sempre meno numerosi e sono comparse le colline. Ancora mezz'ora abbondante di strada per raggiungere il Tai Hu, uno dei laghi più grandi della Cina, e la Xishan Scenic Zone, un'isola collegata alla terraferma da una strada sull'acqua.
Quest'isoletta è una delle zone turistiche di Suzhou: vi si trovano ristorantini, case delle vacanze, e molti di quei parchetti tematici che abbiamo visitato con le gite della scuola.
Un'altra delle attività che si possono fare qui è l'auto-raccolta di frutta (o tè) direttamente dai contadini.
Noi ci siamo diretti in un piccolissimo paesino nella campagna, dove una famiglia di contadini ci aspettava per portarci sulla collina dove si trovano le piantagioni. Abbiamo trascorso così un'ora e mezza tra i cespugli della Camelia sinensis (nome scientifico della pianta), raccogliendo le morbide foglioline delle gemme, godendo del sole e del fatto di trovarsi immersi in una vegetazione un po' brulla ma rilassante.
Tornati alla casa dei nostri ospiti, ci è stato offerto un pranzo ruspante e casalingo preparato con le verdure del loro orto e uova e polli di cortile. C'erano anche alcune delle specialità del lago Tai: gamberetti, minuscoli pescetti bianchi e conchiglie di lago. Il tutto ovviamente annaffiato da abbondante tè verde.


Dopo il pranzo il padrone di casa ci ha mostrato come si “cucinano” le foglie appena raccolte in un wok rovente, operazione che dura circa un'ora e che ha lo scopo di togliere l'umidità al raccolto.


In più di dieci persone abbiamo raccolto nemmeno la metà di quello che raccoglie un contadino nel stesso periodo di tempo! Ci hanno raccontato che nel periodo della raccolta delle gemme adatte per fare quel tipo di tè, che dura appena qualche giornata, lavorano quindici ore al giorno.
Anche la Pupella e il Torello hanno passato una splendida giornata: hanno fatto amicizia coi bimbetti della casa di fianco ed hanno trascorso tutto il tempo a rincorrersi con uno spruzzino, sparare acqua ai pesci della vasca e giocare ai travasi.

Siamo tornati a casa stanchi morti ma contenti: è stata davvero una bella esperienza, per una volta tanto “genuina” e non permeata da quella sensazione di “fake” che spesso si prova in Cina. Una giornata nei campi ci voleva proprio dopo un inverno grigio e freddo trascorso tra i palazzi di cemento!

mercoledì 1 aprile 2015

QUELLO CHE L'ESPATRIO MI HA DATO

Lo ammetto. Ho avuto un periodo di crisi.
Sarà stato il cielo perennemente privo di colori, uniforme e grigio. Sarà stata la fine dell'inverno, la primavera che sembrava non arrivare mai, il freddo umido ancora nelle ossa. O saranno state altre vicende personali delle quali magari vi parlerò più avanti...
… ma la Cina aveva davvero iniziato a darmi noia. Perfino le cose più piccole ed insignificanti cominciavano a darmi fastidio.
E mi risuonavano nelle orecchie le parole di chi avevo conosciuto appena arrivata: “Ah, tu ti trovi bene perché sei qui da poco... vedrai tra qualche anno come sarai stufa! La Cina ti stanca!”
Sono già arrivata a quello stadio? pensavo frastornata.
Poi, finalmente, è tornato a splendere il sole. Dentro e fuori di me. Per ora timidamente, c'è ancora qualche giornata di pioggia. Ma è solo questione di tempo: l'estate è praticamente alle porte.
Questa crisi mi è servita molto. Oserei dire che l'ho amata ed apprezzata. E, permettetemi, mi voglio dare una pacca sulla spalla perché mi sento di averla affrontata nel modo giusto: ho cominciato a concentrarmi sulle cose positive (anche se, in questi momenti, ti sembra che ce ne siano troppo poche). Ed ho ricominciato a valutare tutte le cose preziose che mi sono state donate grazie all'espatrio.
Facciamo un passo indietro. Ero una contabile frustrata: più di nove ore in ufficio, se contiamo anche la pausa pranzo, in un ambiente abitato da serpi e rettili (e qualche raro angelo), due ore al giorno di spostamenti in treno, un lavoro che tutto sommato non mi è mai piaciuto. Ho rasentato momenti di genuina infelicità, ma per un motivo o per l'altro non era mai il momento di lasciare quel lavoro tanto odiato.
Poi il momento è arrivato (per caso?) in concomitanza con la proposta del lavoro “cinese” per mio marito. Mai tempistica è stata migliore! Mi sono licenziata con un gran sorriso (ed ho avuto pure la soddisfazione di avere risposta positiva ad alcuni curriculum che nel frattempo avevo mandato, quando ancora non sapevo che mi sarei trasferita).
Il Papi Viaggiante era preoccupato:
“Ti troverai bene a vivere all'estero? Non sarà un problema per te vivere lontano dai tuoi luoghi?” chiedeva.
“Ma stai scherzando?!” replicavo io “Uno dei miei sogni di ragazza era viaggiare il mondo, i miei eroi erano i backpackers vagabondi che giravano l'Europa in inter rail! Il fatto di vivere un periodo all'estero non è altro che il sogno di una vita che si realizza!”
E devo dire che è stato così: Suzhou è una città piuttosto grande e ci sono tanti stranieri, ho avuto davvero modo di sfondare i muri della mia innata timidezza e conoscere gente di tutto il mondo. Il mio inglese è molto migliorato ed ora posso interagire senza problemi utilizzando quella lingua: fantastico!
Senza contare che non ero più costretta a sbattermi per ore nei treni sempre in ritardo, a vivere giornalmente a stretto contatto con persone demotivanti, in un ambiente che risucchiava ogni mia energia. Potevo dedicarmi a quello che più mi piaceva, come ad esempio scrivere.
Mi sono sentita rinascere! Mi sono sentita baciata dalla fortuna. Anche se, qualcuno dice, la fortuna e il caso non esistono: allora mi piace pensare che “l'occasione” del lavoro all'estero sia stata in realtà la conseguenza di tutta una piccola serie di azioni e di una predisposizione mentale adeguata.
Ecco quello che l'espatrio mi ha dato: la seconda occasione (la prima l'ho avuta da ragazzina, ma ero troppo giovane ed inesperta per rendermi conto della portata di ogni azione e di ogni scelta) di trovare la mia vera strada, a quarant'anni suonati. Non credo capiti a tutti. Ho cercato di sfruttarla, spero di riuscire ancora a sfruttarla fino in fondo. E ringrazio il cielo per avermi dato questa opportunità fantastica.

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