martedì 26 aprile 2016

PERCHE' HO SCRITTO UN LIBRO?

Come è nata l’idea di scrivere un libro? E perché un romanzo? Vi svelo i retroscena delle motivazioni che mi hanno spinto a scrivere “Prezzemolo & Cilantro”, che uscirà l’8 maggio su Amazon

prezzemolo e cilantro

Ho sempre amato scrivere storie, fin da piccolina. Immergermi nella trama inventata, dove tutto può succedere, far fluire le parole come se la storia fosse stata lì da sempre, solo in attesa di qualcuno che avesse abbastanza entusiasmo, dedizione e pazienza per metterla nero su bianco. Prima di avere i figli ho trascorso intere notti davanti al mio computer, persa in mondi paralleli, a scrivere racconti e brevi romanzi che ho sempre tenuto gelosamente nel cassetto, fatti leggere soltanto ad un circolo davvero ristretto di persone. E’ sempre stata un’attività che mi ha dato immensa soddisfazione.

Poi sono venuta in Cina e la vita quotidiana dell’espatrio, con le sue difficoltà, le differenze, le sfide e i momenti di sconforto era talmente complessa che l’unico modo per cercare di raccontarla era, ancora una volta, scrivere. Ad un certo punto il blog non mi è bastato più: troppi racconti, aneddoti, considerazioni per poterli esaurire scrivendo solo della nostra storia. Ecco che è nata l’idea del romanzo. Era da tempo che volevo scrivere un libro “vero”, ossia una storia abbastanza complessa e lunga, con personaggi ben definiti, che potesse esser data alle stampe.

E così è nato “Prezzemolo & Cilantro - storie di donne italiane in Cina”, un libro che tratta di espatrio ma soprattutto parla di donne: racconta le emozioni, le sfide quotidiane, le difficoltà e gli entusiasmi di un gruppo di donne italiane che approdano in Cina. 

Ci ho messo un anno a scrivere “Prezzemolo & Cilantro”. Non è stato difficile: ogni mattina (beh… non proprio ogni mattina, non sono così disciplinata!) mi mettevo al PC e iniziavo a descrivere… scrivevo della vita che mi scorreva sotto gli occhi ogni giorno, parlavo dell’esperienza delle espatriate italiane in Cina, descrivevo semplicemente quello che vedevo fuori dalla finestra, filtrato però dal velo della fantasia e dell’invenzione. Era comunque un terreno conosciuto, un sentiero che percorrevo facilmente e senza ostacoli.

Ho scritto il libro. Poi l’ho rimaneggiato. L’ho riscritto di nuovo, cambiando la struttura. L’ho letto e riletto. Cambiato ancora. Direi che adesso è ora di lasciar perdere il perfezionismo e mandarlo alle stampe! 
E qua arriva la parte difficile! Non credo a chi dice “scrivo per me stesso”: l’espressione tramite la parola richiede per forza di cose un lettore, una persona al di fuori che possa ricevere la storia, immedesimarsi nei personaggi, esprimere il suo punto di vista. Lo scrittore dà in pasto ai lettori non solo ciò che ha scritto ma anche una parte di se stesso: le sue idee, emozioni, sentimenti. E si denuda di fronte al loro giudizio. Perché chiunque legge un libro, inevitabilmente lo giudica: valuta il proprio coinvolgimento, il piacere (o meno) provato nel seguire la storia, la verosimiglianza dei personaggi, e molto altro. E’ un processo squisitamente soggettivo: lo stesso libro può intrigare e commuovere un lettore e lasciare indifferente un altro. E questo giudizio spaventa.

Se il processo di scrittura è stato un viaggio dove tutto è andato (più o meno) liscio, la pubblicazione e la promozione sono per me una sfida immensa: la me stessa timida e per nulla self confident deve lasciare lo spazio ad un’altra persona, entusiasta e grintosa, in grado di presentare la storia che ha scritto ai suoi futuri lettori, evidenziando le caratteristiche positive e minimizzando quelle che potrebbero essere le debolezze. Sto preparando il lancio, gli annunci, le email, le presentazioni… 

E non mi vergogno di confessarvi che ho paura: di parlare in pubblico, del giudizio, di non essere all’altezza di questa strada che ho intrapreso. Ma nonostante tutto, vado avanti: non voglio ritrovarmi a dire, come fa una delle protagoniste del libro “Quante cose avrei potuto fare, se non avessi avuto paura.” 







mercoledì 13 aprile 2016

LE RISAIE A TERRAZZA DI LONGJI: LA VERA AVVENTURA E’ VIAGGIARE COI BIMBI!

Seconda parte del nostro viaggio a Guilin, tra gli splendidi scenari delle risaie a terrazza di Longji e qualche (piccolo) inconveniente.



Il secondo giorno appariva tosto già dalla prima mattina: alle 8.00 avevamo appuntamento presso la stazione dei treni col minibus che ci avrebbe portato a Dazhai, nella zona protetta (per accedervi si paga un biglietto di 100 RMB) delle risaie a terrazza di Longji. Quasi tre ore di viaggio, un tempo che può diventare infinito per chi viaggia con bambini. Ma la visita alle risaie terrazzate della Spina Dorsale del Drago si deve assolutamente includere in un viaggio nella provincia del Guanxi, quindi non abbiamo avuto scelta: bisognava rischiare. Per fortuna all’andata tutto è filato liscio, i bimbi non hanno avuto momenti di noia o crisi (o pianto!) e non abbiamo rischiato di disturbare i giovani (e piuttosto musoni) backpacker francesi che erano con noi sul bus.

Per questa escursione mi sono affidata quasi esclusivamente ad un istinto davvero poco mediato dalla ragione: cercando informazioni su internet mi sono subito imbattuta nel sito dell’albergo nel quale avremmo poi soggiornato (www.tianranju.info) e ho deciso che volevo andare lì, senza nemmeno guardare una cartina della zona o vagliare altre opzioni. Ora so che ho scelto l’itinerario meno turistico e forse più autentico.

villaggio dazhai
Atmosfere bucoliche a Dazhai

Dal villaggio di Dazhai, dove ci ha lasciato l’autista, avremmo dovuto camminare più o meno (a detta del proprietario dell’albergo con cui ho scambiato varie email, e che mi ha anche aiutato a prenotare il posto sul minivan) mezz’ora. In realtà noi ce la siamo presa molto comoda, ci siamo fermati spesso a godere dello splendido panorama, a fare foto, a commentare gli scorci. Insomma per arrivare al villaggio di Tiantou, dove avremmo trascorso la notte, ci abbiamo messo più di un’ora. Ma che soddisfazione arrivare all’albergo, sudati e stanchi (era dai tempi di quando ero boyscout che non mi sentivo così!).

I villaggi di questa zona sono abitati dall’etnia Yao, famosa per le donne dai lunghi capelli. Dopo esserci rifocillati al bar dell’albergo e aver sistemato i bagagli nella nostra bella stanzetta a tre letti siamo partiti ad esplorare il circondario e siamo saliti al punto di osservazione n.1, a circa quaranta minuti dall’albergo. Sulla strada abbiamo incontrato le famose donne, vestite nei loro splendidi abiti tipici, che vendevano manufatti tradizionali o, con una gerla in spalla, portavano i bagagli di qualche turista. Nelle risaie pascolavano alcuni cavalli liberi, l’aria era fresca e pulita e, nonostante la salita tutta a gradini, nessuno si è lamentato: eravamo troppo affascinati dall’atmosfera bucolica alla quale non siamo più abituati da quando viviamo tra i grattacieli di cemento del Suzhou Industrial Park.

risaie a terrazza longji
Aria pura e splendidi colori sulle terrazze

“Non farà mica freddo alle risaie?” mi aveva chiesto il Papi Viaggiante “dopotutto è montagna…”
“Macchè!” avevo minimizzato io “e poi, vuoi che non ci sia il riscaldamento in camera?”
Ecco… non c’era. C’erano solo delle termocoperte sotto le lenzuola, per scaldare un poco il materasso. E faceva freddino, in quella stanzetta bellissima ma dalle pareti di legno con delle fessure talmente larghe da riuscire a intravederci il panorama delle terrazze! E al pian terreno, dove ci sono i tavoli e si può ordinare il pasto, la porta era spalancata: i montanari mica lo sentono, l’umido che entra nelle ossa! Abbiamo cenato bevendo tè caldo per cercare di scaldarci un poco! A parte questo piccolo particolare, l’albergo era splendido e caratteristico, la ragazza che ci ha accolto parlava inglese ed era gentile e disponibile, i pasti che abbiamo consumato cucinati in maniera casalinga e probabilmente l’esperienza gastronomica migliore del nostro soggiorno a Guilin.

Alle nove eravamo già a letto, sotto piumino e trapunta, stanchi morti ma, come si suol dire, felici! Negli occhi ancora gli splendidi paesaggi delle risaie. Il giorno dopo abbiamo consumato una semplice colazione stile occidentale e siamo partiti per raggiungere prima il punto di osservazione n.2 e poi, nuovamente, il villaggio di Dazhai dal quale avremmo preso nuovamente il bus per rientrare a Guilin. La stanchezza dopo un poco ha però cominciato a farsi sentire e alle undici eravamo ancora tra le terrazze, un po’ in ansia perché a mezzogiorno il nostro bus sarebbe partito dal posteggio della funicolare (sì, c’è una funicolare che sale alle terrazze, ma io non lo sapevo. Per fortuna perchè altrimenti avrei potuto farmi tentare dalla via breve!).

Siamo arrivati un po’ di corsa a Dazhai, col Torello che cominciava a recalcitrare e aveva bisogno di continue sollecitazioni. Finalmente sul bus, ho pensato “Ora mi faccio una dormitina”, ho fatto appena in tempo a dire al Papi Viaggiante: “Beh ci è andato tutto incredibilmente liscio per essere stati qua con tre figli piccoli…” che il Torello, seduto dietro a me, ha cominciato a lamentarsi di aver mal di testa e di pancia, ha cominciato a frignare e… sì, avete indovinato: ha vomitato anche l’anima. Ovviamente non ho fatto nessuna dormitina: cercando di stare in bilico in quel pullman che prendeva a gran velocità tutte le curve della stradina di montagna ho cercato di pulire alla bene e meglio, ho cambiato il povero Torello, ho consolato Dongsheng che intanto si era messo a piangere e gli ho pure cambiato il pannolino. Forza sovraumana che riescono a trovare solo le mamme.

A Guilin siamo tornati nel solito albergo, dove avevamo lasciato il grosso dei bagagli (per viaggiare leggeri solo con uno zainetto). Ho apprezzato molto il fatto che ci fossero una lavatrice e un’asciugatrice a disposizione per gli ospiti! Dopo una bella doccia calda ed un po’ di riposo eravamo nuovamente pronti per uscire e andare ad esplorare la zona pedonale di Guilin, dove sorgono bancarelle, negozietti e ristoranti. Stavolta la scelta del locale dove cenare è stata azzeccata: ci siamo lasciati consigliare da Lonely Planet e abbiamo mangiato una pizza!

Il giorno dopo, considerato il fatto che alle nove di sera saremmo dovuti decollare nuovamente per Pudong, ce la siamo presa con comodo e abbiamo visitato con gran calma il parco della Collina della Proboscide d’Elefante e il lago Shan, con le sue meravigliose pagode gemelle (attrazioni che si trovano a nemmeno dieci minuti a piedi dall’albergo, in pieno centro città).

Elephant Trunk Hill
La Collina a Proboscide d'Elefante

Il bilancio della nostra prima gita “Chinese style” è ottimo e non vedo l’ora di partire per il prossimo viaggio con prole! Prossima meta sarà Pechino, città che non ho ancora avuto occasione di visitare e che vorrei vedere nel periodo migliore: tra settembre e ottobre. Vedremo. Per ora mi godo i ricordi di Guilin, i bei momenti trascorsi in famiglia, le immagini dei paesaggi ancora impresse nella mia memoria.

Se anche voi volete visitare la Cina e Guilin con bambini piccoli, permettetemi di darvi qualche consiglio basato sulla mia esperienza:

  1. Per il piccolino non abbiamo nemmeno portato il passeggino, che sarebbe stato solo d'ingombro: ci siamo equipaggiati col marsupio ergonomico (nel quale può stare anche per ore senza problemi) e basta. Durante i viaggi in macchina e pullman è stato in braccio.
  2. Se il vostro albergo non prevede colazione all’occidentale, per precauzione portatevi qualche biscotto e un paio di brik di latte: non è detto che troviate un locale western style dove mangiare pancake e toast e i vostri figli potrebbero non accettare di far colazione con baozi e congee.
  3. Non date per scontato che nei piccoli centri troverete pannolini, cremine e quant’altro può servire per un neonato: portateveli da casa.
  4. Sebbene in Cina i posti dove comprare da mangiare non manchino mai, nemmeno nel più remoto dei villaggi, potreste non voler acquistare prodotti in un negozietto che pare bisunto o in un ristorantino che propone zampe di gallina o improbabili spiedini: portatevi dietro sempre una piccola scorta di cibo.

venerdì 8 aprile 2016

VIAGGIO A GUILIN COI BAMBINI: MISSION IMPOSSIBLE?

Racconto del nostro primo viaggio in cinque: tra picchi carsici, risaie ed imprevisti Guilin ci ha accolto con uno charme genuino e magico.

GUILIN CON BAMBINI


L’ho detto spesso: avrei sempre desiderato viaggiare, fare la vagabonda, la backpacker, l’esploratrice. Poi la vita è andata un po’ diversamente e più che viaggiatrice sono diventata pendolare (per dieci lunghi anni!). L’espatrio è stato la mia rivalsa: vivere in un paese straniero mi riempie di entusiasmo, soddisfazione, curiosità… ma sto divagando! 

Stavo dicendo… i viaggi. Vivere in Cina permette di poter raggiungere piuttosto facilmente mete che, dall’Italia, sono molto più complicate (e costose!) da includere nei propri itinerari: abbiamo avuto il privilegio di visitare Hong Kong, Singapore e siamo quasi di casa a Shanghai. Ma il mio sogno proibito era quello di poter visitare la Cina, quella vera, quella da cartolina!
“Ci andremo quando i bambini saranno un po’ più grandi…” solevo dire. E poi è arrivato Dongsheng, a scombinare tutti i piani. Che fare? Rimandare tutto di altri cinque anni? Non se ne parla! E così, quella che voleva aspettare che i bimbi siano un po’ più grandi si è messa a viaggiare con un pargoletto di sei mesi! “O adesso o mai più!” mi sono detta, convinta che ogni lasciata è persa.

Ed è con questo spirito che ho organizzato il nostro primo viaggio veramente “cinese”. Guilin è una delle mete classiche incluse negli itinerari turistici in Cina: si trova nella provincia dello Guangxi, famosa per i suoi paesaggi naturali mozzafiato, le Risaie della Spina Dorsale del Drago, le vette carsiche e le grotte. Come ho pianificato il viaggio? Mi sono affidata alla guida Lonely Planet, ad internet ed all’intuito (più di tutto all’intuito: spesso le mie scelte sono dettate solo dalla sensazione di pancia). La cosa importante era sapere a cosa andavo incontro: viaggiare con tre bimbi piccoli può non essere facile e avevo bisogno di sapere che aspettarmi, quindi ho fatto un po’ di ricerche, soprattutto per quanto riguarda la fattibilità di andare coi figli alle terrazze di riso, ho trovato dei blog familiari (come questo) che ne parlavano in termini entusiastici e mi sono tranquillizzata.

Sebbene in molti mi abbiano consigliato di soggiornare a Yangshuo, piccola città molto caratteristica e circondata da un paesaggio meraviglioso, ho preferito prenotare l’albergo a Guilin, più vicina all’aeroporto e alle terrazze di riso di Longji: questo significava tragitti in auto più brevi e meno possibilità di lagnanze familiari. Ho scelto un’albergo molto carino, dall’arredamento tradizionale, uno dei pochi con la stanza familiare spaziosa e con due letti: uno grande king size ed uno queen (adesso siamo in cinque… dormire scomodi in due lettini da un metro e venti come abbiamo fatto ad Hong Kong non mi pareva il caso). La scelta è stata molto azzeccata e ci siamo trovati benissimo: stanza pulita, personale gentilissimo, abbiamo perfino trovato i fiori al nostro arrivo! Se siete curiosi questo è l'albergo.

Siamo partiti da Pudong verso le cinque del pomeriggio e dopo un volo di tre ore siamo arrivati a Guilin. Il tragitto dall’aeroporto alla città dura circa quaranta minuti, nei quali abbiamo chiacchierato amabilmente con la tassista che, sentendo che il giorno dopo intendevamo fare la crociera sul fiume Li, si è offerta di portarci ad un’agenzia viaggi per comprare i biglietti.
“Per imbarcarsi sulla nave si parte alle otto e non hai tempo di farli domani mattina!” mi ha detto. Ho deciso di fidarmi e sono andata con lei nell’ufficio turistico dove nessuno parlava inglese (ho scoperto poi che a Guilin c’è un ufficio del turismo ogni cinque metri e che in quasi tutti gli alberghi si possono acquistare i biglietti per la crociera). I prezzi per la crociera sono piuttosto alti (ben diversi da quelli segnati sulla mia guida Lonely Planet che, pur non essendo vecchia, dev’essere già sorpassata), il biglietto per il battello sul quale la guida parla inglese costa ben 500 RMB (comprensivo però di viaggio in pullman per il rientro a Guilin). Noi non abbiamo trovato posti sul battello “inglese” e quindi abbiamo preso i biglietti della crociera “cinese”, che costano 400 RMB. Da notare che, in Cina, i bambini sotto il metro e venti non pagano e quelli entro il metro e quaranta pagano la metà. Il pacchetto per i cinesi comprendeva, oltre al rientro in pullman, anche altre tre visite: ad un tempio, ad una grotta e ad un parco dove sorge un albero millenario


big banyan tree
Il Big Banyan Tree a Yangshuo

Il pullman che ci avrebbe portati al molo dal quale partono i battelli è venuto a prenderci direttamente all’albergo alle otto e noi siamo arrivati in ritardo… la guida mi ha telefonato due volte e non vi dico con che facce ci hanno squadrato quando siamo saliti a bordo… ma che ci fanno qua questi laowai ritardatari e rumorosi? pareva pensassero, neanche che i nostri compagni di viaggio fossero stati compassati turisti tedeschi.  
“Che problema ci sarà a capire poco o niente di quello che spiegano?” mi sono detta. Non ho messo in conto che, nel fiume di parole che la guida ci propinava, c’erano anche le istruzioni su come arrivare di nuovo al pullman una volta a Yangshuo. Inutile dire che stavamo per perderci!

Lo spettacolo che si gode dalla barca, navigando sul fiume Li, è davvero splendido e le quattro ore sono volate in fretta. La Pupella ed il Torello hanno anche trovato dei ragazzini con cui fare comunella. Stavamo per arrivare a destinazione e scendere dal battello quando la Pupella è arrivata da me con un foglietto in mano, tutta orgogliosa “Il numero di telefono del bambino!” mi ha detto con un risolino. L’ho guardata allibita: a sette anni già comincia? Non vi dico la faccia del Papi Viaggiante! Sorvoliamo…


Li river cruise
Le splendide vette carsiche sul fiume Li
La gita di gruppo sul torpedone cinese si svolge ad un ritmo velocissimo: attraversata Yangshuo praticamente di corsa per non perdere il pullman, siamo stati portati ad un piccolo emporio per comprare non so cosa (non ci sono nemmeno entrata ed ho preferito fare un giretto tra le bancarelle nelle viuzze), poi a vedere il tempio (anche qua di corsa… nemmeno il tempo di fare una foto per la paura di perderli di nuovo), all’albero centenario e infine alle grotte.

La grotta degli “Assembled Dragon” ha davvero valso la pena della visita: le concrezioni sono magistralmente illuminate da giochi di luce ed acquistano una bellezza onirica. Evocativi anche i nomi che sono stati dati alle più particolari, come Il palazzo di cristallo, Meraviglie della foresta di pietra o Pesce che salta sulla porta dei draghi.


assembled dragon cave

assembled dragon cave

Poi, finalmente, il rientro (non vi nego che ero stanchissima). Siamo arrivati in albergo tardissimo dopo un viaggio scomodo su una strada in rifacimento (piena di buchi!) e un cambio al volo di pullman (che non ho capito ma, anche se mi ha infastidito parecchio perché i bimbi stavano dormendo e ho dovuto svegliarli e farli scendere, mi sono adeguata). Per cena ci siamo catapultati nel primo posto che ci è capitato, proprio sotto il nostro albergo. Sembrava carino invece è stato decisamente deludente. Ma per lo meno ci ha permesso di rientrare in albergo subito e crollare nel letto: il giorno dopo ci aspettava un’altra sveglia mattutina per affrontare il viaggio alle terrazze di riso di Longji…

(continua...)






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