mercoledì 20 gennaio 2016

TORNARE DOPO UN ANNO


Trovo il viaggio dalla Cina all’Italia (e viceversa) lunghissimo, noioso, stancante. Ora poi che viaggio anche con un “infant” le cose si complicano: al controllo di sicurezza devo piegare il passeggino, togliere il computer dallo zaino, dirigere i figli grandi e nel frattempo togliermi gli stivaletti. Per fortuna non ero sola e avevo chi mi dava una mano, ma, mi chiedo, quando viaggerò sola con tre figli dove metterò il bebè mentre devo, ad esempio, piegare il passeggino prima di entrare nell’aereo? Magari a una di quelle sorridenti hostess che così, oltre a dire “benvenuti, buongiorno!” faranno qualcosa di utile. E, pensate, al controllo di sicurezza in Italia, il poliziotto mi ha perfino detto “Signora, non mi faccia la fila…” Che bel benvenuto! Meno male che sono troppo eccitata dal pensiero di ritornare dopo un anno di lontananza e di queste per nulla “family friendly” inezie poco me ne importa.

Fortunatamente atterriamo proprio nel piccolo aeroporto vicino casa e i nostri parenti vengono tutti ad accoglierci, nonostante l’ora tarda: che bello riabbracciarli dopo un anno! Litighiamo con le valigie, sistemiamo passeggino e figli e dopo un brevissimo viaggio sono nel giardino di casa mia: le luci dentro sono accese. Le mie cognate si fanno da parte, lasciano a me l’emozione di mettere la chiave nella toppa ed aprire la soglia di casa… appena entro mi sembra di non essere mai andata via, il mio soggiorno con le travi a vista è caldo e accogliente come me lo ricordavo e mi sale agli occhi una ventata di commozione: quanto mi è mancata la nostra casa, me ne rendo conto solo adesso!
I bambini sembrano storditi quanto me: nonostante sia tarda notte ormai, come ogni volta iniziano a tirar fuori tutti i giochi che negli anni non hanno mai trovato un posto in valigia e sono rimasti in Italia. Giochi vecchi e da “baby”, come dicono loro, ma che dopo un anno di assenza sembrano ai loro occhi incredibilmente attraenti.

Questa è la magia di essere a “casa propria”, non riguarda tanto il posto, la città o la nazione, ma le emozioni e i ricordi che trasudano dai muri di una dimora per la quale si hanno fatto sacrifici, fatica, per la quale si hanno impiegato del tempo e tutto l’amore possibile: e questo si sente immediatamente e ti avvolge con un calore impagabile. 
Questa sensazione di “casa propria” è una delle cose che in Cina mi manca di più: viviamo in affitto e non ho potuto scegliere i mobili, il colore dei muri, le piastrelle del bagno. Quello che della casa cinese non mi piace cerco di farmelo piacere comunque. Senza contare la sensazione di incertezza: se al padrone di casa gli gira di alzare l’affitto a cifre improponibili o di vendere, bisogna sloggiare e cercare un appartamento nuovo (so di expat che in pochi anni hanno fatto più traslochi di me in una vita!).

Essere a casa dopo più di un anno è bellissimo… anche se siamo in inverno e fuori fa freddo porto i bimbi al mare, quel mare che la scorsa estate era sempre nei nostri discorsi e che perfino ci sognavamo di notte! Quanta aria buona… talmente buona che mi sono stati male, evidentemente non erano abituati a tutto sto ossigeno e me l’hanno vomitato, con mio grande disappunto!



E bello è anche rinsaldare i rapporti familiari, soprattutto per i bambini che, dopo dodici mesi di lontananza, rischiavano perfino di scordare i nomi di zii e cugini.
E poi arriva il momento di rientrare in Cina… e stavolta mi pesa un poco: la Super Nonna (che è rimasta con noi per due mesi dopo la nascita di DonghSheng e si merita un post a parte) rimarrà in Italia e al momento dei saluti il cuore si stringe un poco:
“Vai, vai!” le dico “facciamo finta di salutarci normalmente, come se domani ci dovessimo rivedere!”  e la mando via dopo un veloce abbraccio, per non dilungare l’agonia di questo saluto. Ma appena esce dalla porta mi vien su uno scoppio di pianto: il cuore non s’inganna e vederla allontanarsi mi fa render conto di quanto mi mancherà!

E allora, per trovare la forza positiva di fare questo ennesimo “switch” da un mondo all’altro (processo che trovo sempre emotivamente difficoltoso, sia che si tratti di lasciare l’Italia per la Cina che viceversa) mi concentro sui nuovi progetti che intraprenderò nel 2016, appena la vita tornerà ai suoi soliti ritmi. E, nonostante i timori e l’iniziale malinconia, la vita torna subito ai suoi ritmi: la casa cinese ci accoglie cercando di fare del suo meglio per farci sentire coccolati, ritornano le abitudini che in Italia (come se ci fosse un interruttore) avevamo momentaneamente perso, ritroviamo i nostri piccoli punti di riferimento.

Ma evidentemente l'emozione delle tre settimane trascorse in madrepatria, dove tutto era piacevole perché eravamo in vacanza, senza scuola e senza lavoro e con tanto tempo da trascorrere insieme, cova ancora nei cuori, perché “Mamma” mi dice il Torello appena sveglio, a un paio di settimane dal rientro “voglio andare in aeroporto e andare in Italia, è lì la nostra casa…"Non è facile controbattere ad una frase simile, detta a bruciapelo ad una mamma ancora assonnata, soprattutto se bisogna spiegare le cose ad un bambino piccolo.
“Sì…” rispondo "quella è la nostra casa, ma qui ci sono la scuola, il lavoro…”
La risposta non lo soddisfa e va a fare colazione borbottando.

E così resto col dubbio di non esser riuscita a fargli capire che sì, lì è la nostra casa, ma qui è la nostra vita.

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