Nonostante la foto possa
trarre in inganno, non sto parlando del mio rapporto col frutto
arancione (con il quale per ora non ho problemi relazionali), bensì
della complessa storia d'amore che vivo con lo studio della lingua
cinese.
La mia relazione con
questo idioma è nata nel lontano 2005, quando, più che altro per
curiosità, mi sono iscritta ad un corso serale di cinese, che si
teneva in una specie di Università della terza età. Dopo poche
lezioni già mi ero resa conto che questa nuova lingua aveva
conquistato il mio cuore: diversa, complessa, musicale! Mi ci sono
applicata con passione e dopo un anno di corso sapevo dire “Ciao,
mi chiamo TaldeiTali, come stai? I tuoi genitori come stanno? Prego,
entra, beviamo un the”! Insomma non male, dai!
Dopo ben sei anni il
destino mi ha stupefatta offrendomi l'occasione di espatriare in
Asia. Non nascondo che ho scelto la Cina (noi non avevamo obblighi
sulla destinazione, all'azienda bastava che ci trasferissimo “in
zona”) anche per la possibilità di approfondire la lingua.
Ora è un anno che sono
qua... prima di arrivare ho fatto sei mesi di corso con un maestro
cinese, poi qui a Suzhou ho speso bei soldini per frequentare le
lezioni in una scuola (dicono) rinomata e... quando incontro qualcuno
che mi parla in ascensore non ci capisco una cicca!
Ebbene sì: sono immersa
nella lingua e dovrei assorbire come una spugna, ma purtroppo il
cinese va STUDIATO, non è un idioma che si impara per osmosi.
Tanto per dirvi: il
cinese è una lingua sillabica e tonale, significa che le parole sono
composte da sillabe ben precise e limitate, circa 400, che combinate
nei vari toni (alto, ascendente, discendente, discendente-ascendente,
neutro) danno circa 2000 sillabe che, come i lego, vengono combinate
fra loro per formare tutte le parole. Un esempio: la sillaba “SHI”,
in tutti i suoi toni, ha più o meno 46 significati! Per non parlare
delle combinazioni con altre sillabe. Un po' difficile da ricordare?
Fate voi! Spesso il significato delle parole, nella lingua parlata,
viene dedotto dal contesto. Ma se della frase capisci solo tre parole
su sette... direi che sei fregato!
Di buono c'è che il
cinese non ha declinazioni né coniugazioni. Di strano è che la
costruzione della frase ha una logica tutta sua (cosa anche ovvia,
dato che non si tratta di una lingua latina).
Insomma: io studio,
studio ma mi sembra sempre di essere a un livello molto scarso, anche
perché faccio poca pratica.
“No,
scusa: come fai poca pratica?” direte voi “Abiti
in Cina, com'è possibile sta cosa?”
Eeeeh...
mica è così facile fare amicizia coi cinesi (questo argomento
meriterebbe un post a parte), se mettete che le mamme dell'asilo sono
quasi tutte straniere, che le mie poche amiche cinesi parlano
italiano o inglese, che instaurare un dialogo in cinese, al punto
linguistico in cui sono ora, è pressoché impossibile... tirate da
soli le conclusioni.
Potrei
scambiare quattro parole coi nonni al parchetto, in effetti: ma a
quello ci pensa mia figlia. Dopo poco più di un anno in Cina, la
ragazzina sa già parlare così bene che le ayi (bambinaie) dei suoi
compagnetti di classe ridono e, indicandomi, dicono: può farti lei
da maestra. No comment.