domenica 22 settembre 2013

IO E IL MANDARINO



Nonostante la foto possa trarre in inganno, non sto parlando del mio rapporto col frutto arancione (con il quale per ora non ho problemi relazionali), bensì della complessa storia d'amore che vivo con lo studio della lingua cinese.
La mia relazione con questo idioma è nata nel lontano 2005, quando, più che altro per curiosità, mi sono iscritta ad un corso serale di cinese, che si teneva in una specie di Università della terza età. Dopo poche lezioni già mi ero resa conto che questa nuova lingua aveva conquistato il mio cuore: diversa, complessa, musicale! Mi ci sono applicata con passione e dopo un anno di corso sapevo dire “Ciao, mi chiamo TaldeiTali, come stai? I tuoi genitori come stanno? Prego, entra, beviamo un the”! Insomma non male, dai!
Dopo ben sei anni il destino mi ha stupefatta offrendomi l'occasione di espatriare in Asia. Non nascondo che ho scelto la Cina (noi non avevamo obblighi sulla destinazione, all'azienda bastava che ci trasferissimo “in zona”) anche per la possibilità di approfondire la lingua.
Ora è un anno che sono qua... prima di arrivare ho fatto sei mesi di corso con un maestro cinese, poi qui a Suzhou ho speso bei soldini per frequentare le lezioni in una scuola (dicono) rinomata e... quando incontro qualcuno che mi parla in ascensore non ci capisco una cicca!
Ebbene sì: sono immersa nella lingua e dovrei assorbire come una spugna, ma purtroppo il cinese va STUDIATO, non è un idioma che si impara per osmosi.
Tanto per dirvi: il cinese è una lingua sillabica e tonale, significa che le parole sono composte da sillabe ben precise e limitate, circa 400, che combinate nei vari toni (alto, ascendente, discendente, discendente-ascendente, neutro) danno circa 2000 sillabe che, come i lego, vengono combinate fra loro per formare tutte le parole. Un esempio: la sillaba “SHI”, in tutti i suoi toni, ha più o meno 46 significati! Per non parlare delle combinazioni con altre sillabe. Un po' difficile da ricordare? Fate voi! Spesso il significato delle parole, nella lingua parlata, viene dedotto dal contesto. Ma se della frase capisci solo tre parole su sette... direi che sei fregato!
Di buono c'è che il cinese non ha declinazioni né coniugazioni. Di strano è che la costruzione della frase ha una logica tutta sua (cosa anche ovvia, dato che non si tratta di una lingua latina).
Insomma: io studio, studio ma mi sembra sempre di essere a un livello molto scarso, anche perché faccio poca pratica.
No, scusa: come fai poca pratica?” direte voi “Abiti in Cina, com'è possibile sta cosa?”
Eeeeh... mica è così facile fare amicizia coi cinesi (questo argomento meriterebbe un post a parte), se mettete che le mamme dell'asilo sono quasi tutte straniere, che le mie poche amiche cinesi parlano italiano o inglese, che instaurare un dialogo in cinese, al punto linguistico in cui sono ora, è pressoché impossibile... tirate da soli le conclusioni.
Potrei scambiare quattro parole coi nonni al parchetto, in effetti: ma a quello ci pensa mia figlia. Dopo poco più di un anno in Cina, la ragazzina sa già parlare così bene che le ayi (bambinaie) dei suoi compagnetti di classe ridono e, indicandomi, dicono: può farti lei da maestra. No comment.

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