Come è nata l’idea di scrivere un libro? E perché un romanzo? Vi svelo i retroscena delle motivazioni che mi hanno spinto a scrivere “Prezzemolo & Cilantro”, che uscirà l’8 maggio su Amazon
Ho sempre amato scrivere storie, fin da piccolina. Immergermi nella trama inventata, dove tutto può succedere, far fluire le parole come se la storia fosse stata lì da sempre, solo in attesa di qualcuno che avesse abbastanza entusiasmo, dedizione e pazienza per metterla nero su bianco. Prima di avere i figli ho trascorso intere notti davanti al mio computer, persa in mondi paralleli, a scrivere racconti e brevi romanzi che ho sempre tenuto gelosamente nel cassetto, fatti leggere soltanto ad un circolo davvero ristretto di persone. E’ sempre stata un’attività che mi ha dato immensa soddisfazione.
Poi sono venuta in Cina e la vita quotidiana dell’espatrio, con le sue difficoltà, le differenze, le sfide e i momenti di sconforto era talmente complessa che l’unico modo per cercare di raccontarla era, ancora una volta, scrivere. Ad un certo punto il blog non mi è bastato più: troppi racconti, aneddoti, considerazioni per poterli esaurire scrivendo solo della nostra storia. Ecco che è nata l’idea del romanzo. Era da tempo che volevo scrivere un libro “vero”, ossia una storia abbastanza complessa e lunga, con personaggi ben definiti, che potesse esser data alle stampe.
E così è nato “Prezzemolo & Cilantro - storie di donne italiane in Cina”, un libro che tratta di espatrio ma soprattutto parla di donne: racconta le emozioni, le sfide quotidiane, le difficoltà e gli entusiasmi di un gruppo di donne italiane che approdano in Cina.
Ci ho messo un anno a scrivere “Prezzemolo & Cilantro”. Non è stato difficile: ogni mattina (beh… non proprio ogni mattina, non sono così disciplinata!) mi mettevo al PC e iniziavo a descrivere… scrivevo della vita che mi scorreva sotto gli occhi ogni giorno, parlavo dell’esperienza delle espatriate italiane in Cina, descrivevo semplicemente quello che vedevo fuori dalla finestra, filtrato però dal velo della fantasia e dell’invenzione. Era comunque un terreno conosciuto, un sentiero che percorrevo facilmente e senza ostacoli.
Ho scritto il libro. Poi l’ho rimaneggiato. L’ho riscritto di nuovo, cambiando la struttura. L’ho letto e riletto. Cambiato ancora. Direi che adesso è ora di lasciar perdere il perfezionismo e mandarlo alle stampe!
E qua arriva la parte difficile! Non credo a chi dice “scrivo per me stesso”: l’espressione tramite la parola richiede per forza di cose un lettore, una persona al di fuori che possa ricevere la storia, immedesimarsi nei personaggi, esprimere il suo punto di vista. Lo scrittore dà in pasto ai lettori non solo ciò che ha scritto ma anche una parte di se stesso: le sue idee, emozioni, sentimenti. E si denuda di fronte al loro giudizio. Perché chiunque legge un libro, inevitabilmente lo giudica: valuta il proprio coinvolgimento, il piacere (o meno) provato nel seguire la storia, la verosimiglianza dei personaggi, e molto altro. E’ un processo squisitamente soggettivo: lo stesso libro può intrigare e commuovere un lettore e lasciare indifferente un altro. E questo giudizio spaventa.
Se il processo di scrittura è stato un viaggio dove tutto è andato (più o meno) liscio, la pubblicazione e la promozione sono per me una sfida immensa: la me stessa timida e per nulla self confident deve lasciare lo spazio ad un’altra persona, entusiasta e grintosa, in grado di presentare la storia che ha scritto ai suoi futuri lettori, evidenziando le caratteristiche positive e minimizzando quelle che potrebbero essere le debolezze. Sto preparando il lancio, gli annunci, le email, le presentazioni…
E non mi vergogno di confessarvi che ho paura: di parlare in pubblico, del giudizio, di non essere all’altezza di questa strada che ho intrapreso. Ma nonostante tutto, vado avanti: non voglio ritrovarmi a dire, come fa una delle protagoniste del libro “Quante cose avrei potuto fare, se non avessi avuto paura.”