ALTRI PIANETI
“La grande nave stellare attraccò alla base Delta. Si sarebbero
fermati lì per qualche giorno e poi avrebbero proseguito per il
pianeta Abus. Alira prese per mano suo figlio e si lasciò guidare
dalla folla verso l'uscita. Da quando suo marito aveva iniziato la
carriera di ambasciatore terrestre, la sua vita era stata un continuo
spostarsi. Aveva vissuto due anni a Nomi, poi era scoppiata la guerra
e si erano trasferiti in fretta su Pegasi, dove gli inverni non
avevano mai fine. Quello era stato un periodo duro per lei: gli
abitanti di Pegasi erano alieni duri, abituati a vivere tra i ghiacci
e non era facile stabilire dei contatti amichevoli. Passava le sue
giornate davanti al caminetto, chiusa nella sede dell'ambasciata e le
uniche amiche erano le mogli degli altri diplomatici. Una era
originaria di Radian, aliena altissima e con la pelle verde, amava
molto bere e mangiare. L'altra era una minuta ragazza proveniente
dall'avamposto di Bootes, mezza terrestre e mezza aliena, dolcissima
e paziente. Le difficoltà avevano cementato il loro rapporto ed
anche ora, ad anni di distanza, si tenevano in contatto. Tutte loro
avevano cambiato casa svariate volte ed avevano avuto dei figli. Era
proprio quando Alira aveva scoperto di essere in attesa di Jay che il
marito aveva deciso di chiedere un trasferimento. Erano approdati su
HD3500, un pianeta rigoglioso e caldo, un paradiso dopo gli anni
gelidi su Pegasi. Gli anni più belli della sua vita: facevano
colazione sulla terrazza, mangiando frutta ed osservando i variopinti
uccelli che cinguettavano. Il piccolo Jay sguazzava nella piscinetta
e il tiepido sole gli abbronzava la pelle chiara.
Ma la vita di chi ha scelto di rappresentare la Terra nei pianeti
alieni non può essere stanziale e così, quando Jay aveva compiuto
quattro anni, gli spostamenti erano ricominciati.
Alira era abituata a cambiare casa, a cambiare amici, a salutare con
le lacrime agli occhi gli affetti da poco consolidati. Ma nonostante
questo ogni trasferimento le lasciava nel cuore una nuova amarezza,
una più profonda malinconia.”
Paola posò la penna e lasciò che il suo sguardo vagasse oltre i
vetri della finestra: si chiese che cosa poteva avere in comune la
sua nuova avventura di espatriata in Cina con la vita errabonda della
protagonista del suo racconto. Bè... la Cina non era un altro
pianeta. O forse sì?
E poi per lei era la prima volta: non aveva mai vissuto all'estero
prima d'ora. Una grossa occasione: ecco! Così vedeva la sua nuova
vita in Cina. Aveva lasciato un lavoro che da molto tempo la rendeva
infelice e una quotidianità che ormai non le dava più soddisfazioni
per approdare in un contesto totalmente nuovo ed elettrizzante: la
possibilità di ricominciare, di dedicarsi alle attività che da
sempre sognava di coltivare ma che, assorbita com'era dalla vita di
ogni giorno, aveva finito per relegare in un minuscolo angolino.
Scrivere, fare fotografie, disegnare: era questo che voleva fare,
ora! La vita delle donne che seguono i mariti all'estero è
totalmente diversa da quella condotta nella madrepatria: tempo
libero, molto tempo libero! Ma non tutte le nuove amiche che aveva
conosciuto negli ultimi mesi trovavano la cosa piacevole: alcune
avevano lasciato alle spalle una vita soddisfacente, una carriera
avviata. Ed avevano deciso di abbandonare tutto, per tenere unita la
famiglia. E per loro la vita da espatriate a volte era difficile.
Alcune non vedevano l'ora di tornare in madrepatria.
Paola era affascinata dal diverso approccio che le donne avevano
verso l'espatrio: davvero non ce n'era una che lo vedesse, e vivesse,
in maniera uguale all'altra!
Rimise le mani sulla tastiera:
“Alira prese possesso della sua cuccetta e sistemò le sue poche
cose, mentre Jay tirava fuori i suoi giocattoli del cuore. Durante la
sua vita errabonda si era abituata ad utilizzare pochi oggetti e a
non affezionarsi alle cose materiali: ad ogni trasferimento doveva
lasciarsi indietro praticamente tutto ed ogni volta era una
sofferenza. Aveva così imparato a vivere in un'essenzialità quasi
monacale. L'unica cosa che non voleva fare era centellinare il
piacere e l'affetto che possono dare i rapporti con gli amici: in
ogni posto dove aveva vissuto ne aveva conosciuti molti e, sebbene
poi le loro vite si fossero separate, conservava nel cuore il tiepido
piacere dei momenti vissuti insieme.
Alle volte non era facile essere una terrestre che viaggia nella
galassia: spesso gli abitanti della Terra non erano visti di buon
occhio. Firifani e bilioniani li evitavano, i pieloniani li
disprezzavano e i rutioniani li consideravano degli sciocchi e
cercavano sempre di fregarli. Alira alle volte rideva tra se' e se',
pensando a quello che aveva letto nei libri di scuola: un tempo,
centinaia di anni fa, tra le diverse razze della Terra c'era una
sorta di diffidenza che alle volte sconfinava nell'odio. Curioso,
pensava lei, visto che tutto sommato non c'erano grosse differenze di
forma e colore. Ora invece, essendo i terrestri erranti davvero
pochi, se capitava di incontrarne uno (di qualsiasi colore o razza)
il senso di appartenenza era fortissimo e si faceva subito gruppo.
La Terra era entrata nella comunità aliena appena da un centinaio
d'anni ed aveva ancora molta strada da fare!”
Di nuovo Paola si lasciò distrarre dai pensieri che, come variopinte
farfalle, le attraversavano la mente, spostando la sua attenzione
dal racconto che stava scrivendo.
La vita all'estero l'aveva costretta a superare i propri limiti, a
fare cose che mai avrebbe pensato, ad essere coraggiosa e
determinata. Affrontare e risolvere mille piccole o grandi questioni,
la cui soluzione a volte pareva lontanissima a causa dello scoglio
linguistico o culturale. In Cina anche chiamare un idraulico poteva
essere un'impresa titanica. Figurarsi andare negli uffici per
ottenere il visto! E poi lei era sempre stata una donna ansiosa:
anche il più piccolo ostacolo la gettava nell'agitazione. Quanto
aveva dovuto imparare, in questi mesi! Si era buttata a forza oltre
il confortevole confine delle cose conosciute e aveva dovuto
affrontare l'ignoto. Ora si sentiva forte. E, quando le capitava di
telefonare o di scrivere ai suoi vecchi amici italiani rimasti in
patria, alle volte restava perplessa di fronte al loro timore di
affrontare anche le più piccole cose della vita quotidiana. Suo
malgrado, Paola aveva fatto un passo oltre, tornare indietro le era
impossibile.
Si costrinse a tornare al suo lavoro.
“Alira pensò che non era una vita facile, la sua. Ma tutto sommato
le piaceva e per nulla al mondo sarebbe tornata a vivere in pianta
stabile sulla Terra. Amava conoscere la sterminata diversità delle
galassie, le diverse culture dei popoli alieni, le diverse forme dei
loro corpi. La Terra era un pianeta davvero piccolo e i suoi
abitanti, purtroppo, avevano ancora molto da imparare in quanto ad
elevazione spirituale. E, sebbene ci fossero ancora dei bellissimi
paesaggi sul pianeta verde, Alira non avrebbe più sopportato una
vita stanziale tra i terrestri, la maggior parte dei quali non
avevano mai viaggiato su una nave stellare e non conoscevano nemmeno
una lingua aliena. Anzi, spesso sparavano giudizi superficiali,
dettati dall'ignoranza. E questo lei davvero non lo sopportava.
Il pianeta Abus, sua prossima meta, era invece considerato uno dei
migliori posti dove vivere: la natura era stata conservata sana,
l'economia era fiorente e la spiritualità della popolazione era
elevata. Su Abus vivevano due ceppi completamente diversi: i
rutoniani (altissimi, dalla pelle verde e gli enormi occhi sulla
sommità del capo, i piedi enormi ed una piccola codina) e i
pilioniani (più bassi, tozzi, dalla pelle azzurrina e con delle
enormi orecchie a sventola). Le due popolazioni convivevano
pacificamente da sempre, ognuna occupandosi di diversi settori della
vita: i rutoniani erano sacerdoti e guerrieri, i pilioniani contadini
e maestri nelle arti e mestieri.
Alira era davvero contenta di approdare su Abus. Ripensò alle
difficoltà vissute durante i suoi viaggi ed i suoi soggiorni: come
quella volta che si era ciecamente fidata del servitore sufoniano, su
Nomi, considerandolo come uno di famiglia. E lui l'aveva tradita e
quasi venduta ai ribelli delle montagne.
Oppure quella volta che aveva dovuto chiudersi in casa per mesi, su
Pegasi, perché aveva cominciato a piovere acido. Rise pensando ad
una sua amica d'infanzia, che le scriveva disperata perché avevano
chiuso per lavori la via di fronte a casa e, per andare a fare la
spesa, doveva fare il giro del paese. Diverse prospettive!
Chiamò Jay, che era assorto a giocare con le carte elettroniche, e
si diresse alla mensa per mangiare un boccone. I corridoi della base
Delta erano affollati di alieni provenienti dai più diversi settori
dell'universo. Sì, era quella era la vita che le piaceva, che la
elettrizzava!
Sedettero ad un tavolino e ordinarono un pasto leggero. Mentre
mangiava, notò in lontananza un alieno che la fissava. Non riusciva
a capire bene di quale pianeta fosse: la sua pelle era scura e
leggermente squamata, ma per il resto assomigliava molto a un
terrestre. Probabilmente era un
misto. La cosa la incuriosì: non erano molti i terrestri che si
univano con alieni. Cercò di distogliere lo sguardo e continuare a
mangiare, ma non poteva fare a meno di ricambiare quelle occhiate. Si
sentì arrossire: non le era mai capitato prima d'ora di provare
attrazione verso un uomo che non fosse suo marito, e per giunta mezzo
alieno!”
Paola diede un'occhiata all'orologio: quasi le tre! Fra mezz'ora
sarebbe dovuta scendere in strada ad aspettare lo scuolabus che
riportava a casa i suoi figli. Spense il computer: avrebbe continuato
la mattina dopo il racconto, si sarebbe fatta venire un'idea su Alira
ed il misterioso ed intrigante alieno.
Prese la borsa ed uscì nell'afa piovosa di giugno. Alla fermata
dello scuolabus già attendevano mamme di varie nazionalità. Paola
sorrise e ripensò ai personaggi della sua storia: variegato popolo
che va e viene, amicizie che nascono e altre che finiscono, addii e
arrivederci. Si sarebbe adattata anche lei, come la protagonista del
suo racconto, a quel clima di imprevedibilità ed incertezza? Forse
alle volte sarebbe stato difficile. Ma, Paola ne era sicura,
l'occasione di vivere all'estero era stata una delle più grosse
opportunità che la vita le avesse dato.