venerdì 4 maggio 2018

LE 6 COSE CHE MI HANNO INSEGNATO I CINESI

La vita in Cina ti mette di fronte alla convinvenza con una società profondamente diversa. Alle volte venire a patti con le differenze risulta difficile, altre invece rendersi conto di come i cinesi affrontino alcuni aspetti della vita può far imparare molto. Ecco cosa mi hanno insegnato i cinesi.



1) DILIGENZA E PAZIENZA Date a un cinese un lavoro con istruzioni comprensibili, una procedura ben definita e un obiettivo chiaro e, molto probabilmente, lo porterà a termine senza una sbavatura. Vi si dedicherà con pazienza e dedizione, senza farsi venire grilli per la testa e senza farsi fuorviare da una creatività alle volte controproducente.
E’ una caratteristica che nella vita mi è mancata e il raggiungimento dei miei obiettivi ne ha risentito molto: sono convinta che il successo sia determinato, più che dall’atto folle e creativo, dalla capacità di portare a termine compiti apparentemente noiosi senza lamentarsi e con costanza. 


2) MEGLIO FATTO CHE PERFETTO Apre un nuovo supermercato in Cina: mancano i prezzi, il registratore di cassa non è ancora collegato ai codici, il muro è ancora da imbiancare. Ma che sarà mai? L’importante è partire! Poi si aggiustano le cose in corsa. Ecco, questa cosa mi è capitata di vederla un sacco di volte. All’inizio mi sdegnavo: come si fa ad aprire un negozio, un ristorante, se non è tutto perfetto? Poi mi sono resa conto che questa ricerca della perfezione può portare ad un immobilismo veramente dannoso, si rischia di non partire mai. E loro invece partono (poi magari dopo un mese chiudono, ma questo è un altro discorso). Adesso ho imparato anch’io che l’importante è partire, anche se non proprio tutto tutto tutto è come volevamo fosse. Quando ho lanciato la versione inglese di “Prezzemolo & cilantro”, ad esempio, mi mancavano perfino le copie cartacee del libro da esibire (e vendere!) alla presentazione. Ma sono rimasta fedele alla data che avevo programmato, e non me ne pento.


3) I BAMBINI SONO BAMBINI I bambini gridano, fanno rumore, sporcano, corrono, si azzuffano, disturbano. E allora che si fa? Li si sgrida in malo modo? Li si guarda (o meglio, si guardano i loro genitori) con sdegnoso disprezzo? Macché! Si sorride e si regala loro una caramella! Sebbene il “lassismo” dei cinesi nei confronti dei bambini venga spesso criticato dai miei connazionali, io (con le dovute cautele) apprezzo questo lasciare ai bambini la libertà di essere bambini. E apprezzo il livello altissimo di tolleranza verso grida, capricci, stranezze. Anche io, che da brava italiana ero subito pronta a scoccare un’occhiataccia al povero genitore alle prese coi pianti isterici della prole, ora mi rendo conto che i bambini non seguono (e non devono nemmeno seguire) le regole tipiche dei grandi: hanno le loro regole, i loro tempi, il loro mondo. Non vi scaldate, adesso: l’educazione e il rispetto continuo a considerarli basilari. Ma ho imparato che i bambini hanno il sacrosanto diritto di comportarsi da bambini, non devono essere considerati piccoli adulti.


4) LA TECNOLOGIA SI DOMINA, NON SI RIFUGGE Non molti anni fa, una mia amica si vantava che nella sua famiglia non esistessero né tablet né smartphone, e che l’accesso al computer fosse rigidamente contingentato. Ora, sono perfettamente d’accordo che troppa tecnologia faccia male alla salute di tutti, ma tra qui e demonizzarla ci passa. Rifiutarsi di proporla ai bambini (e insegnar loro come difendersene) trovo non sia l’atteggiamento giusto. 
Ma per i cinesi non c’è problema: vivono praticamente attaccati al loro cellulare e lo usano per farci di tutto: pagare la spesa, guardare i film, leggere un libro, chattare ovviamente. Forse loro esagerano dal lato opposto, ma mi hanno insegnato che, anziché evitarla, la tecnologia va dominata in modo da usarla a nostro vantaggio, imparare a non diventarne schiavi e conoscerne i lati positivi come quelli oscuri.


5) IL MILIONE SI FA CON IL CENTESIMO La mia ayi, una donna che prende poco più di tre euro all’ora di paga, in dieci anni è riuscita a comperarsi un piccolo appartamento, ad aiutare il figlio ad acquistare un automobile (il ragazzo è in età da moglie e, come forse sapete se siete soliti leggere questo blog, qui in Cina avere un auto è un requisito essenziale per potersi accasare) e lo sta aiutando (per lo stesso motivo) a comprarsi casa. Lei è quella che trova tutto a buon prezzo, la stessa riparazione dal sarto che qui nel mio compound mi costa 100 RMB lei me la fa fare sotto casa sua a 10! Ed è così che, inesorabilmente, centesimo dopo centesimo, sta mettendo via i soldi. Non è l’unica: il cinese medio è molto attento al risparmio: conosce taobao e le sue offerte a menadito, compra i biglietti del cinema online, paga il ristorante con l’applicazione del telefonino perché gli fanno lo sconto. Che dire, tanto di cappello.

6) LA RICCHEZZA NON E’ PECCATO In Italia siamo legati, volenti o nolenti, alla nostra tradizione cattolica. E ci hanno inculcato che il paradiso non è per i ricchi. Ecco quindi tutti a vergognarsi di guadagnare soldi (fermo restando continuare a desiderarli ardentemente).
In Cina questa sorta di ipocrisia non esiste: l’abbondanza, la ricchezza, sono valori positivi. Nessuno si vergogna di essere ricco, anzi! La famiglia abbiente viene guardata con rispetto, i soldi sono il regalo preferito a capodanno cinese e ai matrimoni, la buona condizione sociale è un punto d’onore, l’augurio più gradito è quello della prosperità. Se questa caratteristica sia stata una delle cause del tanto criticato materialismo dei cinesi, non ve lo so dire. Ho cercato di coglierne il lato positivo e di imparare a considerare i soldi con maggior benevolenza.

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