Il piccolo Dong Sheng ha già soffiato la sua prima candelina e il tempo sembra esser davvero volato.
Già più di un anno è passato da quando mi trovavo al Kowloon Hospital, reduce da un taglio cesareo e con un piccolo essere che dormiva accanto a me nella culletta.
Adesso cammina, dice “mamma”, vuole mangiar da solo con la forchettina (ma erano uguali anche i primi due o è prerogativa dei terzi figli essere così precoci?). Ed è diventato molto più impegnativo rispetto a mesi fa, nei quali si faceva lunghe dormite e mi permetteva agevolmente di dedicarmi al mio lavoro di scrittrice.
Il poco tempo che mi rimane lo dedico tutto alla traduzione in inglese del mio libro: non potendomi permettere un traduttore professionista mi sono arrangiata con Mr. Google ed il prezioso aiuto di un’amica che ha reso più leggibile l’orrida traduzione automatica, darò da fare ad una brava professionista solo l’editing.
La ricopiatura delle correzioni e gli incontri con l’amica per lavorare sul testo sono un lavoro che mi porta via parecchio tempo. Cerco di ritagliarmi dei momenti liberi come posso: faccio uscire il bimbo una mezz’oretta con l’ayi a passeggio, oppure esco io per un’oretta e mi metto a lavorare in qualche caffè (alle volte perfino ai tavoli del Family mart!). Il bello è che qua in Cina nessuno ti dice niente se compri un cappuccino e stai seduto per quattro ore al tavolo, anzi è una pratica comune: ci sono perfino le prese per attaccare il laptop in caso la batteria si esaurisse e c’è il WI FI gratuito!
Sfrutto poi tutti i momenti in cui dorme. E quando il Papi Viaggiante è via, la sera mi incollo al PC per lavorare. Non faccio altro (e ne risente anche questo mio povero blog!). Mi vien quasi da dire che non ne posso più!
Ho poi messo in atto un’altra tattica per ritagliarmi qualche ora di fila di lavoro: una volta a settimana lo porto in un piccolo asilo sotto casa! E’ una struttura che accoglie bambini dai 6 mesi ai tre anni e quindi lo potremmo proprio definire un nido. Mi è stato consigliato da una mia amica che ci ha iscritto entrambi i bambini e quindi, da brava cinese come sto diventando, mi sono fidata.
Convinta e felice, la prima mattina l’ho portato lì, accompagnata dall’amica.
“Buongiorno maestre, oggi all’asilo viene anche un amichetto!” ha detto lei. Le maestre mi hanno preso Dong Shang dalle braccia, mi hanno solo chiesto come si chiamasse e poi, senza fare una piega, l’hanno portato a giocare.
Io: “Ah… volete il mio telefono?”
Loro: “Beh… sì… fammi scannerizzare il tuo codice QR di WeChat”
Io: “Mh… lo vengo a prendere alle 12”
Loro: “Non c’è problema!”
Ecco. Macché moduli, libretto di vaccinazioni, inserimento che dura secoli… dammi qua il bimbo e vattene. E così ho fatto, perplessa ma contenta.
Dopo circa una ventina di minuti sul mio WeChat sono incominciati ad arrivare i video: il piccolo Dong Sheng sereno mentre stava con la maestra, giocava, mangiava un biscotto. Ero tranquilla. E mi sono goduta tre ore di lavoro senza interruzioni.
Essendo stata positiva, l'esperienza si è ripetuta un paio di volte. Tutto bene, cercando di non pensare troppo che in Cina ai bambini piccoli danno da mangiare gamberetti e funghi senza porsi alcun problema.
Incredibile ma vero, nonostante il tempo libero somministrato col contagocce, il lavoro sta procedendo e l’edizione in inglese di “Prezzemolo & Cilantro” non sembra più un miraggio. E’ proprio vero che se davvero si vuole realizzare qualcosa non c’è ostacolo che tenga!