giovedì 17 marzo 2016

PARTORIRE IN UN OSPEDALE CINESE: QUESTIONE DI CORAGGIO?


La Cina mi ha fatto una sorpresa inaspettata: è arrivato il nostro piccolo Dong Sheng, dono dell'Oriente! Come ho vissuto gravidanza e parto a Suzhou.


Se devo fare un bilancio, com'è stata la mia esperienza di gravidanza e parto in Cina?
In molti mi hanno detto “Sei stata coraggiosa!”, ma in realtà non avevo scelta: non avendo un'assicurazione medica che coprisse gli esorbitanti costi delle più gettonate cliniche di Shanghai e non potendo ritornare in Italia causa inizio scuola elementare della Pupella, ho dovuto adeguarmi. 

“Vediamo com'è… se non ci piace troviamo un'altra soluzione!” mi aveva detto il Papi prima di salire al reparto VIP dell'ospedale. Per fortuna la prima visita ci ha fatto una buona impressione e abbiamo deciso che potevamo continuare a farci seguire là. E difatti tutto è andato bene: sono stati gentili e professionali, anche se il modo di affrontare la gravidanza, in Cina, è piuttosto diverso da come facciamo noi, ma di questo forse parlerò in un altro post.

Certo, ci sono stati momenti divertenti: come quando mi hanno chiesto di firmare una carta nella quale affermavo di non volere la mia placenta e di essere disposta a donarla all'ospedale (sì… qui la placenta se la possono portare a casa e la usano per fare una zuppa da dare alla puerpera… non storcete il naso: è una delle cose più sane dicono! Dicono anche che faccia bene ai malati e agli anziani… chissà chi ha usufruito della nostra placenta laowai?)

Una delle cose senz'altro più curiose dell'essere ricoverati per cinque giorni in un ospedale cinese è il cibo, alle puerpere vanno fatte sorbire abbondanti zuppe e guardate un po' com'erano le mie:



Se sei una donna schizzinosa, non scegliere un ospedale cinese per partorire! Anche perché, mi tocca ammetterlo, la pulizia della stanza non è proprio da cinque stelle.

Divertenti anche (dato che per fortuna tutto è filato abbastanza liscio e non ho avuto problemi né strascichi, altrimenti ci sarebbe stato poco da divertirsi) i misunderstanding linguistici: nel reparto le infermiere e i dottori parlavano un inglese poverissimo, ergo il nostro migliore alleato nelle comunicazioni era il traduttore del telefonino, che però, come sappiamo, alle volte fa un po' di testa sua e mi restituiva traduzioni al limite della comprensione. Come quando, per chiedermi se quel giorno ero andata di corpo (informazione di vitale importanza dopo un cesareo!), l'infermiera mi ha mostrato lo schermo con su scritto “You shit!”. 

Che poi, anche ad usare l'inglese mica è così semplice: a scuola non mi hanno insegnato i termini medici! E pure descrivere sensazioni fisiche risulta spesso arduo, soprattutto quando sei appena tornata dalla sala operatoria ed hai la bocca ancora impastata dall'anestesia. 

Se qualcosa fosse andato storto, non so come sarei riuscita a gestire il problema della comunicazione. Ma per fortuna non è stato il mio caso e quindi sì, posso dire che la mia esperienza di parto in Cina è stata decisamente positiva!

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